SCIENZA
E SALUTE
Staminali embrionali
dalla pelle
«Passo verso la clonazione umana»
«Stesso
metodo della pecora Dolly». Si riapre il dibattito etico. Lo studio pubblicato
su «Cell»: «Presto nuove cure»
Ian Wilmut e la pecora Dolly
All'inizio fu Dolly. La nascita della
prima pecora clonata attraverso una tecnica capace di riprogrammare cellule
adulte, dimostrò ai ricercatori che era possibile ottenere staminali
indifferenziate, cioè capaci di trasformarsi in ogni tessuto, senza la necessità
di utilizzare l'embrione. Succedeva sedici anni fa e col passare del tempo si
sono spenti gli entusiasmi degli scienziati di servirsi dello stesso sistema
per ottenere staminali umane e immaginare di avere a disposizione una fonte
inesauribile di «farmaco» per curare malattie degenerative. Ian Wilmut, che
aveva coordinato al Roslin Institute di Edimburgo il lavoro su Dolly, ha in più
occasioni affermato: «Con i primati lo stesso metodo non funziona. Non sappiamo
perché. I risultati non sono quelli sperati. Per fortuna ci sono tecniche
alternative che lasciano sperare in un futuro più roseo». Sembrava una
approccio superato, quello di Wilmut. Invece pare riaprirsi una nuova strada.
In un
articolo pubblicato sulla rivista Cell di mercoledì un gruppo di ricercatori dell'Università dell'Oregon diretto
da Shoukhrat Mitalipov ha annunciato di aver tagliato un traguardo inseguito a
lungo. Cellule della pelle sono state riportate indietro fino allo stadio di
cellule embrionali. Quelle che sono all'origine di ogni parte del nostro corpo.
Le chiamano bambine. Secondo molti commentatori internazionali si è riacceso il
sogno della clonazione terapeutica che consente di produrre riserve di cellule
riparatrici di singoli pazienti. Parkinson, sclerosi multipla, lesioni spinali.
Molte malattie oggi senza soluzione potrebbero essere trattate. E si riaccende
anche la miccia delle polemiche. La clonazione, sia pur ottenuta senza la
distruzione di embrioni, suscita sempre timori di esperimenti spregiudicati e
di prospettive eticamente discutibili.
In
questo caso il nucleo di una cellula di pelle è stato
trasferito in un ovocita a sua volta svuotato del nucleo che contiene il Dna.
Grazie alle informazioni provenienti dall'interno dell'uovo, la cellula è
tornata indietro nello sviluppo fino ad assumere le caratteristiche
primordiali. Secondo Mitalipov «queste staminali sono capaci di trasformarsi in
ogni tipo di tessuto come le embrionali, dando origine a tessuti di cervello,
fegato o cuore». Sarebbero inoltre stati risolti i problemi di rigetto perché
all'origine di questa sorgente ci sono le cellule della persona da curare. Il
ricercatore ha però ammesso che «c'è ancora molto da fare prima di arrivare a
cure sicure ed efficaci basate su questa tecnica. Riteniamo in ogni modo il
nostro lavoro molto significativo per il progresso della medicina
rigenerativa».
Commenta
senza eccessivo ottimismo la notizia, lanciata con grande
risalto dai maggiori media internazionali, Giulio Cossu, oggi all'University
College di Londra: «A me sembra un avanzamento tecnico che non rivoluziona le
attuali conoscenze. Lo stesso protocollo servì per creare Dolly nel '97. Qui
però si tratta dell'uomo. A mio giudizio è un metodo più costoso e complicato
rispetto a quello messo a punto nel 2006 da Shinya Yamanaka al quale lo scorso
anno è stato assegnato il premio Nobel proprio per queste ricerche». Lo
scienziato giapponese ha utilizzato una cellula adulta nella quale ha inserito
quattro fattori di trascrizione propri dell'embrione ed ha ottenuto la
riprogrammazione, il ritorno allo stato originale. Giuseppe Novelli, genetista
dell'università di Tor Vergata, giudica al contrario innovativo il lavoro
apparso su Cell: «Il
protocollo è originale. L'aggiunta di due sostanze rende stabili le staminali a
differenza di quelle di Yamanaka la cui riprogrammazione non è completa».
Margherita De Bac
Dove si arriverà con
la clonazione umana?
L'obiettivo
dei ricercatori è di creare cellule per riparare tessuti malati, ma la tecnica
pone problemi etici
Un gruppo di ricercatori americani
dell'Oregon ha appena proposto, sulla rivista CELL, unanuova tecnica di clonazione .
1 In
che cosa differisce da quella usata per Dolly nel 1996?
Le due tecniche sono un po' diverse. Per creare Dolly i ricercatori
hanno «fuso» una cellula di ghiandola mammaria, con tutto il suo patrimonio
genetico, con un ovocita privo, invece, del nucleo: il risultato fu una pecora
«fotocopia» della donatrice di cellula mammaria.
In Oregon hanno utilizzato il
metodo del trasferimento nucleare: hanno preso il nucleo di una cellula della
pelle di un individuo e lo hanno trapiantato in una cellula uovo privata del
suo Dna. Quest'ultima ha dato origine a staminali embrionali con le stesse
caratteristiche genetiche di quelle dell'individuo di partenza. Si tratta della
stessa metodica che aveva già usato John Gurdon sulle rane nel 1962.
2 Qual
è la novità del metodo americano?
La novità proposta da
Shoukhrat Mitalipov, a capo dell'équipe di ricercatori, sta nell'utilizzo dei
terreni dove le cellule sono coltivate: in questo caso sono stati usati fattori
particolari, come la caffeina, capaci di rendere i cromosomi più stabili e di
aumentare l'efficienza delle cellule prodotte.
3 Qual
è l'obiettivo di questi esperimenti?
È quello di produrre
cellule staminali pluripotenti, capaci di differenziarsi in quasi tutti i tipi
di cellule dell'organismo, da utilizzare per riparare tessuti danneggiati da
malattie (infarto, Parkinson, lesioni midollari, diabete e via dicendo). Il
vantaggio è che queste staminali possono essere prelevate dal paziente stesso e
ne hanno le stesse caratteristiche genetiche: una volta trapiantate, non
subiscono cioè un rigetto da parte dell'organismo.
4 Ci sono
altre strade per produrre cellule staminali capaci di dare origine a tutti i
tessuti dell'organismo?
Esiste un altro metodo chiamato
«riprogrammazione genetica»: è stato messo a punto da Shinya Yamanaka (Nobel
insieme a Gordon nel 2012). Il ricercatore giapponese è partito da cellule
cutanee adulte di topo e ha inserito nel loro nucleo quattro geni della
staminalità: geni cioè capaci di ringiovanirle e di trasformarle in staminali
pluripotenti.
5 È
possibile ottenere staminali per altre vie?
C'è una terza
via, quella più controversa sul piano etico, che sfrutta gli embrioni stessi
per ricavare cellule totipotenti. A parte le questioni etiche, queste cellule,
se utilizzate per riparare tessuti malati, subirebbero un rigetto da parte
dell'organismo ricevente.
6 In
passato si è parlato di false clonazioni. Che cosa è successo?
Nel dicembre del 2002, Rael, leader della setta dei Raeliani (un
movimento che crede negli extraterrestri e nell'immortalità) aveva annunciato,
insieme alla scienziata Brigitte Boisselier, la clonazione di una bambina, Eva.
I giornali di tutto il mondo ne avevano parlato, ma la vicenda si è poi
rivelata, come c'era da aspettarsi, una bufala.
7 Ci
sono altri casi?
Un altro «falso» ha ingannato per un po'
anche la comunità scientifica: il sud-coreano Hwang Woo-suk aveva pubblicato,
su Science, nel 2004 e nel 2005
alcuni esperimenti di clonazione: in alcuni casi aveva utilizzato ovuli di
donne e nuclei prelevati dalle loro stesse cellule, in altri aveva eseguito
trasferimenti nucleari in cellule di malati. Alla fine si è scoperto che i dati
erano stati falsificati, così i lavori sono stati ritirati dalla rivista e il
ricercatore è stato condannato per frode. La falsificazione, però, non
riguardava tanto gli esperimenti, che erano riusciti, ma le percentuali di
successo che erano state esagerate dal ricercatore.
8 Qual
è la differenza fra clonazione terapeutica e clonazione riproduttiva?
La prima ha lo scopo di produrre staminali da usare nella medicina
rigenerativa: per riparare cioè organi e tessuti danneggiati dalle malattie.
Con la clonazione riproduttiva si vuole, invece, fabbricare la copia di un
essere vivente. Dopo Dolly sono state clonate, con la tecnica del trasferimento
nucleare, molte altre specie di animali, fra cui conigli, mucche e gatti.
Secondo alcuni, la nuova metodica, proposta dai ricercatori dell'Oregon,
potrebbe essere così efficiente da rendere possibile la clonazione delle
scimmie. Quella dell'uomo resta, comunque, molto lontana.
Adriana Bazzi
17 maggio 2013 | 14:16
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