mercoledì 8 agosto 2012

FANTARCHEOLOGIA



Impronte sulla sabbia.

 

 
I percorsi ed i fondaci dei Fenici dichiarati dalla Storia e dimostrati dalla Genetica

                  
la Kyrenia, (esperimento ricostruttivo di nave antica)

I Fenici, antico popolo delle spiagge mediorientali del Mediterraneo, lasciarono il loro misterioso marchio sulla Storia di questa parte del Mondo e specialmente della marineria mediterranea: oggi, la ricerca genetica ha rivelato che ci trasmisero anche una perdurante eredità cromosomica.

Si calcola che persino una su diciassette persone di sesso maschile, residenti attualmente lungo le coste sud europee o nord africane, può essere diretta discendente dei Fenici.
Si è dimostrato che questi uomini sono portatori di tracce genetiche riconoscibili e riconducibili al periodo di circa 1.000 anni di “talassocrazia” Fenicia nel bacino del Mediterraneo, cui pose fine la conquista romana attorno al secondo secolo a.C..

 

I Fenici furono i fondatori di Cartagine, la prima grande potenza antagonista di Roma.
Introdussero nei nascenti metodi di scrittura la propria rielaborazione alfabetica di un alfabeto Cananeo: da quello, con l’aggiunta (greca) delle vocali, deriva il nostro attuale sistema di scrittura. Probabilmente estesero quello che oggi chiamiamo l’areale del cedro del libano, usato per la costruzione delle loro navi: ma è probabile che altre piante ed arbusti abbiano subito la loro positiva influenza.

        
                                                                      La "Stele di Nora"(Museo di Cagliari)
Così come, trasgredendo il veto egiziano, diffusero il micio di derivazione mesopotamica (a protezione delle granaglie dai roditori), essi favorirono l’affermarsi ovunque della porpora, stimolando il gusto per un raro colorante rosso allora segreto (che estraevano dal mollusco della conchiglia di Murex), molto più attraente, efficace ed economicamente vantaggioso di quelli allora disponibili (per esempio, il chermes, ottenuto da triturazione ed essiccamento della femmina di un insetto parassita della quercia).
È per questo che il termine "Fenicio" significa rosso in greco, così come (forse)cananeo ha lo stesso significato in accadico.

In realtà, Fenicio è un termine non indoeuropeo, che non apparteneva al Greco. E il Greco possedeva già il vocabolo indoeuropeo "erythros" per significare il colore rosso. Le cose si spiegherebbero così: Fenicio deriverebbe da Fenkhw, che era il termine Egizio (esoetnico, dunque) per indicare i Fenici. Probabilmente, il termine che i Fenici usavano per sé medesimi (endoetnico) non era molto dissimile dall'esoetnico Egizio: ambedue le popolazioni, infatti, parlavano lingue semitiche. La differenza doveva essere più o meno quella che osserviamo tra "spagnolo" ed "espanol".
I Fenici commerciavano nella Poropora, per cui il loro nome divenne sinonimo di quel colore che propriamente rosso non era, non erythros, bensì violetto: phoinix, appunto. Il termine Fenkhw è antichissimo: risale a molto prima delle ( non vere) malefatte dei Popoli del Mare: è infatti presente nel "Romanzo di Sinhue"(quando Sinhue si reca "nelle terre dei Fenkhw")
ed è presente in alcuni contratti Egizi con l'antichissima  città di Biblo, per l'importazione di legni di Cedro. La corrispondenza fonetica tra Fenkhw e Phoinikes è piuttosto buona.

La cultura fenicia scomparve rapidamente, dopo le guerre puniche: ne resta molto poco al giorno d’oggi, salvo qualche rovina in Tunisia, a ricordarci che le fortune umane – per quanto grandi siano state – non sono certamente eterne.

 

Chi ha condotto gli studi spiega si tratti dell’applicazione di un  nuovo metodo analitico per identificare anche le più fini influenze delle trascorse migrazioni storiche di popolazione.
Si tratta di un tipo d’indagine che può certamente completare le ricerche più tradizionali dell’archeologia e contribuire ad una più completa comprensione degli spostamenti dei gruppi umani nel tempo.

Lo studio è stato diretto dal Genographic Project, consociato della National  Geographic Society e della IBM Corporation, con appoggio anche dalla Waitt Family Foundation.
I risultati ottenuti sono pubblicati sull’American Journal of Human Genetics (83, 633-642, 7 Novembre, 2008), con il titolo: “Identifying Genetic Traces of Historical Expansions: Phoenician Footprints in the Mediterranean”.

 

I presupposti.

“Quando abbiamo iniziato, non conoscevamo alcunché sulla genetica dei Fenici” – afferma Chris Tyler-Smith, genetista dell’Istituto Wellcome Trust Ranger, di Cambridge, Inghilterra – “La nostra unica guida era la Storia: sapevamo dove si erano stabiliti e dove no”.
Ma per Tyler-Smith e Spencer Wells, il genetista che dirige il Genographic Project, evidentemente è stata una base sufficiente.

 

Materiale e metodi.

Il prelievo dei campioni è stato ottenuto strofinando un tamponcino (“swab”) contro il palato molle all’interno della guancia. Sono stati così prelevati campioni di cromosoma Y da 1330 uomini, attualmente residenti in sei siti, noti per essere stati – in passato – antiche colonie e scali commerciali dei Fenici.
Le località erano: a Malta, Cipro, in Marocco, in Siria, in Tunisia e nel “West Bank” attuale, l’antica Fenicia propriamente detta. Ogni soggetto prescelto partecipante al progetto aveva almeno tre generazioni d’antenati residenti nella regione.
A questa selezione sono stati aggiunti i risultati disponibili circa il Libano e quelli (già pubblicati), ottenuti da un precedente studio cromosomico su circa 6.000 uomini, da 56 località sparse nel Mediterraneo.
I dati sono quindi stati confrontati con quelli simili, da zone circostanti, relativi a popolazioni e comunità confinanti ma
non imparentate ai coloni fenici.
 
                                    sedi indicate come fondaci, nelle quali è stata eseguita la ricerca

Si è così ottenuta una specifica “firma” genetica (un corredo
cromosomico caratteristico e specifico), differente da quella riferibile ad altre diffusioni umane, causata cioè da altre migrazioni. L’assetto cromosomico era differente, ad esempio, da quello dei coltivatori paleolitici, dei coloni greci e degli ebrei erranti della Diaspora, così come diverse sono le zone di diffusione dei rispettivi movimenti di popolazione.
La conclusione è stata che circa uno studente per classe, da Cipro  Tunisi potrebbe essere un discendente di commercianti fenici.

“Abbiamo avuto la fortuna” – l’affermazione è di Pierre A. Zalloua, genetista dell’Università Libano americana di Beirut ed autore dell’articolo sul Journal – “che molti siti Fenici fossero prossimi a siti non Fenici, rendendo più facile ed immediata la differenziazione in composizione dei pattern genetici”.

 

Gli autori riportano una prudente sottostima dell’efficacia della variabilità del cromosoma Y nel rintracciare i percorsi delle le migrazioni umane. Ma sostengono l’applicabilità del loro metodo ad ogni espansione umana in cui si possano identificare siti di  contatto e di isolamento tra gruppi etnici.

Zalloua prevede che ulteriori ricerche possano rendere possibile la più precisa descrizione dell’espansione fenicia nel corso del tempo – prima a Cipro, poi a Malta e all’Africa, quindi alla Spagna. Potrebbe addirittura essere possibile decifrare geneticamente quali città Fenicie originarie (Biblo, Tiro, Sidone) abbiano fondato quali colonie occidentali.

La possibile specificità e precisione del metodo genetico, potrebbe essere quindi determinante nel dirimere numerose dispute – alcune anche annose – circa presunti accadimenti del Mediterraneo occidentale che sconfinano francamente nella fantarcheolgia e fanno la felicità di autori prolifici e delle loro case editrici, visto il successo che riscuotono fra lettori appassionati del genere…

 

Ma è evidente che il metodo potrà essere prezioso anche  nell’investigazione di altre e numerose vere o presunte migrazioni: quella celtica attraverso l’Europa, quella Inca attraverso il sud America, la famosa epopea di Alessandro attraverso l’Asia centro meridionale e persino il traffico multiculturale lungo la Via della Seta.
 
Alla luce di quanto sopra, potrà sembrare strano che esista addirittura qualcuno che si azzarda a sostenere che i Fenici non siano neppure esistiti. Speriamo che la Fantarcheologia si decida a portare le prove scientifiche di quanto afferma, oppure si decida a lasciarci in pace, una buona volta...