venerdì 27 settembre 2013

Dicesi Agglutinazione...


Una serata con un Comico di nome Gigi
Il Comico Gigi Proietti, 1940

Un uccellino mi si è posato sul verone, facendomi accapponare la pelle. In realtà causandomi un’immediata coagulazione intravasale massiva. Infatti, portava nel becco uno strano vocabolo: ‘Agglutinamento’.

(Agglutinamento: Azione e risultato dell'agglutinare o dell'agglutinarsi; incollamento reciproco; congiungimento.
Di passaggio vale la pena di chiarire che  più corretto sarebbe ‘agglutinazione’, termine preferito in tutti i significati: medico biologico, psicologico e linguistico).


Qualcuno scrive e parla di ‘agglutinamento’: pazienza. (Viene in mente il famoso “Noio voulevon savoir…” con Peppino e Totò, napoletani in colbacco in piazza Duomo a Milano, che cercano di comunicare in francioso con un “ghisa”indigeno: un’indimenticabile esempio di inefficienza italiota).
Purtroppo, questo qualcuno descrive un’ipotetica antica lingua scritta, (della quale avrebbe scovato alcune lettere solamente). Guarda caso, egli essendo uno spirito analitico ed osservatore, ravvede nei suoi 4 graffi, su una pietra qualunque, un “agglutinamento”  tra queste lettere (intendendo, sempre: agglutinazione).
Questo costringe, se si desidera capire qualche cosa – noi che non sappiamo di linguistica – ad andare a vedere che cosa sia mai questa ‘agglutinazione’ in campo linguistico.
Iniziamo dall’Enciclopedia Italiana (1929), da un articolo di Bruno Migliorini.

AGGLUTINAZIONE (lat. agglutinare; fr., ingl. agglutination; sp. aglutinación; ted. Agglutination: ricordarsi di non tradurre mai con: ‘agglutinament’!). - In linguistica si chiama agglutinazione la saldatura di più elementi linguistici, avvenuta in modo da lasciar chiaramente riconoscibile la forma dei diversi componenti. Agglutinanti furono perciò chiamate le lingue in cui questo processo è normale, p. es. le uraloaltaiche. Nel secolo passato si dava grande importanza alla distinzione (che risale a Wilhelm Von Humboldt, 1838) di tutte le lingue in tre tipi: monosillabiche, agglutinanti, flessive, che avrebbero rappresentato tre stadî successivi dell'evoluzione linguistica. E, per mezzo dell'agglutinazione, il Bopp e i suoi continuatori si sforzavano di spiegare l'origine della flessione: così il μι di δίδωμι "rappresenterebbe un antico pronome, ecc.
Oggi, questa tripartizione delle lingue è del tutto abbandonata, e le ricerche sull'origine della flessione hanno perduto molto d'importanza, cosicché il termine è raramente usato in senso glottogonico.
Bibl.: B. Delbrück, Einleitung in das Studium der indogermanischen Sprachen, 6ª ed., Lipsia 1919, p. 55 segg.; O. Jespersen, Language, Londra 1922, p. 375 segg.; F. de Saussure, Cours de linguistique générale, Losanna - Parigi 1916, p. 248 segg.
Ma che cos’è una lingua ‘agglutinante’? Vediamo:
Lingua  agglutinante
Il termine è usato per indicare un gruppo di lingue che, in base a certi principi di valutazione, hanno caratteri strutturali comuni che le differenziano da altri gruppi linguistici. La triplice partizione delle lingue in :

-       monosillabiche o isolanti (come il cinese),
-       agglutinanti (come le lingue ugro-finniche, uralo-altaiche, polinesiane) e
-       flessive (come le lingue indeuropee)

poggia fondamentalmente su un criterio di classificazione morfologica.
È un tipo di classificazione antiquato e di scarso valore scientifico, (lo era già nel ‘29) anche se ancor oggi molto diffuso e popolare. Nelle lingue monosillabiche o isolanti in generale la funzione della parola è indicata solo dalla sua posizione nella frase; per esempio, il nome del possessore precede quello dell'oggetto posseduto: “uomo” “cavallo”=cavallo dell'uomo; il plurale è espresso non con una desinenza o con un suffisso ma attraverso la composizione di temi-radici: “moltitudine”+“cavallo”=cavalli.
Le lingue flessive sono dotate di una loro tipica struttura grammaticale;
le lingue agglutinanti, infine, sono sostanzialmente caratterizzate da affissi distinti tra loro e con funzioni particolari. La differenza tra lingue agglutinanti e lingue flessive consiste cioè principalmente nel fatto che nelle prime gli affissi possono avere una loro autonomia (per esempio, l'affisso ungherese -ben che indica lo stato in luogo è propriamente l'avverbio benn, dentro), mentre le desinenze delle lingue flessive, prese separatamente, non hanno senso compiuto (così, per esempio, la desinenza -bus del dativo e ablativo plurali in latino); e più ancora nel fatto che nelle lingue flessive le desinenze sono morfemi sintetici (la desinenza del latino rosarum indica contemporaneamente il caso genitivo e il numero plurale), mentre gli affissi delle lingue agglutinanti sono morfemi analitici avendo ciascuno di essi un solo e unico valore
(per esempio, in turco il plurale è espresso con -ler, lo stato in luogo con -de: quindi
ev, casa;
ev-de, nella casa;
ev-ler, case;
ev-ler-de, nelle case).

[Quindi, l’agglutinazione riguarda – per noi ignoranti, che non sappiamo di lingue, naturalmente – vocaboli interi, formati da un vocabolo fondamentale d’origine, fuso insieme con particelle più piccole che aggiungono ciascuna il proprio specifico significato al vocabolo di partenza?
Sì, proprio così (anche se un glottologo l’avrebbe detto meglio, in modo per noi incomprensibile)].


Proietti con un Kaf  Kaldo appena fatto

Per sicurezza, diamo un’occhiata anche alla definizione in inglese: se non sai l’inglese, salta questa parte.

Agglutination is a process in linguistic morphology derivation in which complex words are formed by stringing together morphemes, each with a single grammatical or semantic meaning. Languages that use agglutination widely are called agglutinative languages. An example of such a language is Turkish, where for example, the word evlerinizden, or "from your houses," consists of the morphemes, ev-ler-iniz-den with the meanings house-plural-your-from, just like in Hungarian where házatokból means the same and consists of the morphemes ház-a-tok-ból.
Agglutinative languages are often contrasted both with languages in which syntactic structure is expressed solely by means of word order and auxiliary words (isolating languages) and with languages in which a single affix typically expresses several syntactic categories and a single category may be expressed by several different affixes (as is the case in inflectional (fusional) languages). However, both fusional and isolating languages may use agglutination in the most-often-used constructs, and use agglutination heavily in certain contexts, such as word derivation. This is the case in English, which has an agglutinated plural marker -(e)s and derived words such as shame·less·ness.
Agglutinative suffixes are often inserted irrespective of syllabic boundaries, for example, by adding a consonant to the syllable coda as in English tie – ties. Agglutinative languages also have large inventories of enclitics, too, which can be and are separated from the word root by native speakers in daily usage.
Note that the term agglutination is sometimes used more generally to refer to the morphological process of adding suffixes or other morphemes to the base of a word.
Examples of agglutinative languages
Whilst agglutination is characteristic of certain language families, it would be facile to jump to the conclusion that when several languages in similar geographic area are all agglutinative, they necessarily have to be related in the phylogenetic sense. In particular, such a conclusion formerly led linguists to propose the so-called Ural–Altaic language family which would (in the largest scope ever proposed) include Uralic and Turkic languages as well as Mongolian, Korean and Japanese. However, contemporary linguistics views this proposal as controversial.
On the other hand, it is also the case that some languages that have developed from agglutinative proto-languages have lost this feature. For example, contemporary Estonian, which is so closely related to Finnish that the two languages are mutually intelligible, has shifted towards the fusional type. (It has also lost other features typical of the Uralic families, such as vowel harmony.)
Eurasia
Examples of agglutinative languages include the Uralic languages, such as Finnish, Estonian, and Hungarian. These have highly agglutinated expressions in daily usage, and most words are bisyllabic or longer. Grammatical information expressed by adpositions in Western Indo-European languages is typically found in suffixes.
Hungarian uses extensive agglutination in almost all and any part of it. The suffixes follow each other in special order, and can be heaped in extreme amount, resulting words conveying complex meanings in very compact form. An example is fiaiéi where the root "fi-" means "son", the subsequent 4 vowels are all separate suffixes, and the whole word means "[properties] of his/her sons". The nested possessive structure and expression of plurals is quite remarkable (note that Hungarian uses no genders).
Almost all of the Philippine languages also belong to this category. This enables them, especially Filipino, to form new words from simple base forms. An example is nakakapagpabagabag, which means causing someone or something to be upset and is formed from the root bagabag, which means upset/upsetting.
Japanese is also an agglutinating language, adding information such as negation, passive voice, past tense, honorific degree and causality in the verb form. Common examples would be hatarakaseraretara (働かせられたら), which combines causative, passive or potential, and conditional conjugations to arrive at two meanings depending on context "if (subject) had been made to work..." and "if (subject) could make (object) work", and tabetakunakatta (食べたくなかった), which combines desire, negation, and past tense conjugations to mean "(subject) did not want to eat".
Turkish is another agglutinating language: the expression Çekoslovakyalılaştıramadıklarımızdanmışçasına is pronounced as one word in Turkish, but it can be translated into English as "as if you were one of those whom we could not make resemble the Czechoslovakian people."

All Dravidian languages, including Kannada, Telugu, Malayalam and Tamil, are agglutinative. Agglutination is used to very high degrees both in formal written forms in Telugu.

Agglutination is also a common feature of Basque. The conjugations of verbs, for example, are done by adding different prefixes or suffixes to the root of the verb: dakartzat, which means 'I bring them', is formed by da (indicates present tense), kar (root of the verb ekarri-> bring), tza (indicates plural) and t (indicates subject, in this case, "I"). Another example would be the declination: Etxean = "In the house" where etxe = house.
Americas
Agglutination is used very heavily in some Native American languages, such as the Inuit languages, Nahuatl, Quechua, Tz'utujil, Kaqchikel, Cha'palaachi and K'iche, where one word can contain enough morphemes to convey the meaning of what would be a complex sentence in other languages.

Vorrei solamente sottolineare le ultime due possibilità, che mi paiono interessanti:

Constructed (costruito)
Esperanto is a constructed auxiliary language with highly regular grammar and agglutinative word morphology. See Esperanto vocabulary.
Fictional (inventato)
Newspeak is a fictional language in 1984 based on the sole goal of agglutination, as expressed by the character Syme, "Every concept that can ever be needed, will be expressed by exactly one word" For instance, using the root word "good" we can form words such as goodly (does well), plusgood (very good), doubleplusgood (very good), and ungood (bad). Words with comparative and superlative meanings are also simplified, so "better" becomes "gooder", and "best" becomes "goodest."

Quest’ultimo caso – un linguaggio inventato –  è spesso usato negli spettacoli di vari comici, allo scopo di suscitare il riso del pubblico con arguzia e creatività. Ricorderò tra i tanti solamente il “Parlapò” di Gigi Proietti (un linguaggio abbreviato, per ‘far prima’ nei nostri tempi di fretta perenne) e quello di Lando Fiorini, nell’indimenticabile Puff romano, un 'night club' d'altri tempi:
 Due mamme, stirando i panni, parlano della valutazione in pagella dei figli, che le maestre esprimono con moderne abbreviazioni. La prima dice che il proprio figlio è definito ‘Intellattivo’ e ne spiega il significato alla seconda: “Mio figlio si dà molto daffare, con molte attività, quindi è anche molto attivo. Poi, impara in fretta ed usa bene il proprio cervello nell’apprendimento: quindi è ‘intellattivo’, capito?”. L’altra, poco convinta, chiede: “Allora mi’ fijo secondo ‘sta definizione come sarebbe, ‘pigronzo’?”.
Chiedo scusa per la digressione leggera e soprattutto per avere portato ad esempio un comico di nome Gigi.
Qui si parla di cose serie: di ‘Agglutinamento’ di singole lettere
Si sa che le lingue di molti popoli antichi orientali (Sumeri, Elamiti, Urartei, Kassiti, Hurriti, Ittiti, Gutei e Lullubi degli Zagros) erano agglutinanti.
Qualcuno crede forse che scoprire un Sardo antico agglutinante, ne dimostri più facilmente la derivazione da esse.
Purtroppo, si sa anche (ma evidentemente non lo sanno tutti!) che il tratto agglutinante non può essere usato come carattere distintivo di derivazione di una lingua dall’altra, dato che esso può essere perso o acquistato, o anche ereditato da una lingua figlia, o sviluppato indipendentemente da due lingue differenti, come si è visto in molti casi.
Comunque sia, l’agglutinazione di singole lettere (a che cosa servirebbe?) configura una scoperta sensazionale ed unica, mai verificatasi prima eppure stranamente ancora oggi misconosciuta, anche se è stata scoperta e dimostrata ormai da molti anni (almeno da domenica 28 Giugno 2009, ma certamente anche prima e sempre nel post prandium).
Mi domando come mai nessuno, proprio nessuno, se ne sia ancora accorto, nel vasto Mondo degli epigrafisti veri (e non dei comici di nome Gigi).