Una serata con un Comico di nome Gigi |
Il Comico Gigi Proietti, 1940 |
Un uccellino mi si è posato sul verone, facendomi accapponare la pelle. In realtà causandomi un’immediata coagulazione intravasale massiva. Infatti, portava nel becco uno strano vocabolo: ‘Agglutinamento’.
(Agglutinamento: Azione e
risultato dell'agglutinare o dell'agglutinarsi; incollamento
reciproco; congiungimento.
Di passaggio vale la pena
di chiarire che più corretto
sarebbe ‘agglutinazione’, termine preferito in tutti i significati: medico
biologico, psicologico e linguistico).
Qualcuno
scrive e parla di ‘agglutinamento’: pazienza. (Viene in mente il famoso “Noio voulevon savoir…”
con Peppino e Totò, napoletani in colbacco in piazza Duomo a Milano, che
cercano di comunicare in francioso con un “ghisa”indigeno: un’indimenticabile
esempio di inefficienza italiota).
Purtroppo,
questo qualcuno descrive un’ipotetica antica lingua scritta, (della quale
avrebbe scovato alcune lettere solamente). Guarda caso, egli essendo uno
spirito analitico ed osservatore, ravvede nei suoi 4 graffi, su una pietra
qualunque, un “agglutinamento” tra
queste lettere (intendendo, sempre: agglutinazione).
Questo
costringe, se si desidera capire qualche cosa – noi che non sappiamo di
linguistica – ad andare a vedere che cosa sia mai questa ‘agglutinazione’ in
campo linguistico.
Iniziamo dall’Enciclopedia Italiana (1929), da un articolo di Bruno
Migliorini.
AGGLUTINAZIONE
(lat. agglutinare; fr., ingl. agglutination; sp. aglutinación;
ted. Agglutination: ricordarsi di non tradurre mai
con: ‘agglutinament’!). - In linguistica si chiama agglutinazione la saldatura
di più elementi linguistici, avvenuta
in modo da lasciar chiaramente riconoscibile la forma dei diversi componenti. Agglutinanti furono perciò chiamate le lingue
in cui questo processo è normale, p. es. le uraloaltaiche. Nel secolo passato
si dava grande importanza alla distinzione (che risale a Wilhelm Von Humboldt,
1838) di tutte le lingue in tre tipi: monosillabiche, agglutinanti, flessive,
che avrebbero rappresentato tre stadî successivi dell'evoluzione linguistica.
E, per mezzo dell'agglutinazione, il Bopp e i suoi continuatori si sforzavano
di spiegare l'origine della flessione: così il μι di δίδωμι
"rappresenterebbe un antico pronome, ecc.
Oggi,
questa tripartizione delle lingue è del tutto abbandonata, e le ricerche
sull'origine della flessione hanno perduto molto d'importanza, cosicché il
termine è raramente usato in senso glottogonico.
Bibl.: B. Delbrück, Einleitung in das Studium der
indogermanischen Sprachen, 6ª ed., Lipsia 1919, p. 55 segg.; O. Jespersen,
Language, Londra 1922, p. 375 segg.; F. de Saussure, Cours de
linguistique générale, Losanna - Parigi 1916, p. 248 segg.
Ma
che cos’è una lingua ‘agglutinante’? Vediamo:
Lingua
agglutinante
Il termine è usato per indicare un gruppo di lingue che, in
base a certi principi di valutazione, hanno caratteri strutturali comuni che le
differenziano da altri gruppi linguistici. La triplice partizione delle lingue
in :
- monosillabiche
o isolanti (come il cinese),
- agglutinanti
(come le lingue ugro-finniche, uralo-altaiche, polinesiane) e
- flessive
(come le lingue indeuropee)
poggia fondamentalmente su un criterio di classificazione
morfologica.
È un tipo di classificazione antiquato e di scarso valore
scientifico, (lo era già nel ‘29) anche se
ancor oggi molto diffuso e popolare. Nelle lingue monosillabiche o
isolanti in generale la funzione della
parola è indicata solo dalla sua posizione nella frase; per esempio, il nome
del possessore precede quello dell'oggetto posseduto: “uomo” “cavallo”=cavallo
dell'uomo; il plurale è espresso non con una desinenza o con un suffisso
ma attraverso la composizione di temi-radici: “moltitudine”+“cavallo”=cavalli.
Le lingue flessive
sono dotate di una loro tipica struttura grammaticale;
le lingue agglutinanti,
infine, sono sostanzialmente caratterizzate da affissi distinti tra loro e con
funzioni particolari. La differenza tra lingue agglutinanti e lingue flessive
consiste cioè principalmente nel fatto che nelle prime gli affissi possono
avere una loro autonomia (per esempio,
l'affisso ungherese -ben che indica lo stato in luogo è propriamente
l'avverbio benn, dentro), mentre le desinenze delle lingue flessive,
prese separatamente, non hanno senso compiuto (così, per esempio, la desinenza
-bus del dativo e ablativo plurali in latino); e più ancora nel fatto
che nelle lingue flessive le desinenze sono morfemi sintetici (la desinenza del latino rosarum
indica contemporaneamente il caso genitivo e il numero plurale), mentre gli
affissi delle lingue agglutinanti sono morfemi analitici avendo ciascuno di essi un solo e unico valore
(per esempio, in turco il plurale è espresso con -ler, lo
stato in luogo con -de: quindi
ev, casa;
ev-de, nella casa;
ev-ler, case;
ev-ler-de, nelle case).
[Quindi, l’agglutinazione riguarda – per noi ignoranti, che
non sappiamo di lingue, naturalmente – vocaboli interi, formati da un vocabolo
fondamentale d’origine, fuso insieme con particelle più piccole che aggiungono
ciascuna il proprio specifico significato al vocabolo di partenza?
Sì, proprio così (anche se un glottologo l’avrebbe detto
meglio, in modo per noi incomprensibile)].
Proietti con un Kaf Kaldo appena fatto |
Per sicurezza, diamo un’occhiata anche alla definizione in
inglese: se non sai l’inglese, salta questa parte.
Agglutination is a process
in linguistic morphology
derivation in which complex words are formed by stringing together morphemes, each with a single grammatical or semantic
meaning. Languages that use
agglutination widely are called agglutinative languages. An example of such a language is Turkish, where for example, the word evlerinizden, or "from your houses," consists of the
morphemes, ev-ler-iniz-den with
the meanings house-plural-your-from,
just like in Hungarian where házatokból means the same and consists of the morphemes ház-a-tok-ból.
Agglutinative languages are often contrasted both with languages in
which syntactic structure is expressed solely by means of word order and
auxiliary words (isolating
languages) and with
languages in which a single affix typically expresses several syntactic
categories and a single category may be expressed by several different affixes
(as is the case in inflectional
(fusional) languages).
However, both fusional and isolating languages may use agglutination in the
most-often-used constructs, and use agglutination heavily in certain contexts,
such as word derivation. This is the case in English, which has an agglutinated plural marker -(e)s and derived words such as shame·less·ness.
Agglutinative suffixes are often inserted irrespective of syllabic boundaries, for example, by adding a consonant to the syllable
coda as in English tie –
ties. Agglutinative languages
also have large inventories of enclitics,
too, which can be and are separated from the word root by native speakers in
daily usage.
Note that the term agglutination is sometimes used more generally to refer to the
morphological process of adding suffixes or other morphemes to the base of a word.
Examples of agglutinative languages
Whilst agglutination is characteristic of certain language families, it
would be facile to jump to the conclusion that when several languages in
similar geographic area are all agglutinative, they necessarily have to be
related in the phylogenetic sense. In particular, such a conclusion formerly
led linguists to propose the so-called Ural–Altaic language family which would (in the largest scope ever proposed)
include Uralic and Turkic languages as well as Mongolian, Korean and Japanese.
However, contemporary linguistics views this proposal as controversial.
On the other hand, it is also the case that some languages that have
developed from agglutinative proto-languages have lost this feature. For example,
contemporary Estonian, which is so closely related to Finnish that the two
languages are mutually intelligible, has shifted towards the fusional type. (It
has also lost other features typical of the Uralic families, such as vowel
harmony.)
Eurasia
Examples of agglutinative languages include the Uralic
languages, such as Finnish, Estonian,
and Hungarian. These have highly agglutinated expressions in daily
usage, and most words are bisyllabic or longer. Grammatical information
expressed by adpositions in Western Indo-European languages is typically found in suffixes.
Hungarian uses extensive agglutination in almost all and any part of
it. The suffixes follow each other in special order, and can be heaped in
extreme amount, resulting words conveying complex meanings in very compact
form. An example is fiaiéi where
the root "fi-" means "son", the subsequent 4 vowels are all
separate suffixes, and the whole word means "[properties] of his/her
sons". The nested possessive structure and expression of plurals is quite
remarkable (note that Hungarian uses no genders).
Almost all of the Philippine languages also belong to this category. This enables them,
especially Filipino, to form new words from simple base forms. An example
is nakakapagpabagabag, which means
causing someone or something to be upset and is formed from the root bagabag, which means upset/upsetting.
Japanese is also an agglutinating language, adding information
such as negation, passive voice,
past tense, honorific
degree and causality in the verb form. Common examples would be hatarakaseraretara (働かせられたら), which combines
causative, passive or potential, and conditional conjugations to arrive at two
meanings depending on context "if (subject) had been made to work..."
and "if (subject) could make (object) work", and tabetakunakatta (食べたくなかった), which combines
desire, negation, and past tense conjugations to mean "(subject) did not
want to eat".
Turkish is another agglutinating language: the expression Çekoslovakyalılaştıramadıklarımızdanmışçasına is pronounced as one word in Turkish, but it can be
translated into English as "as if you were one of those whom we could not
make resemble the Czechoslovakian people."
All Dravidian
languages, including Kannada, Telugu, Malayalam and Tamil,
are agglutinative. Agglutination is used to very high degrees both in formal
written forms in Telugu.
Agglutination is also a common feature of Basque. The conjugations of verbs, for example, are done by
adding different prefixes or suffixes to the root of the verb: dakartzat, which means 'I bring them', is formed by da (indicates present tense), kar (root of the verb ekarri-> bring), tza (indicates plural) and t
(indicates subject, in this case, "I"). Another example would be the
declination: Etxean = "In the
house" where etxe = house.
Americas
Agglutination is used very heavily in some Native American languages, such as the Inuit languages, Nahuatl, Quechua, Tz'utujil,
Kaqchikel, Cha'palaachi
and K'iche,
where one word can contain enough morphemes
to convey the meaning of what would be a complex sentence
in other languages.
Vorrei solamente
sottolineare le ultime due possibilità, che mi paiono interessanti:
Constructed (costruito)
Esperanto is a constructed auxiliary language with highly regular grammar and agglutinative word morphology. See Esperanto vocabulary.
Fictional (inventato)
Newspeak is a fictional language in 1984
based on the sole goal of agglutination, as expressed by the character Syme,
"Every concept that can ever be needed, will be expressed by exactly one
word" For instance, using the root word "good" we can form words
such as goodly (does well), plusgood (very good), doubleplusgood (very good),
and ungood (bad). Words with comparative and superlative meanings are also
simplified, so "better" becomes "gooder", and
"best" becomes "goodest."
Quest’ultimo caso – un linguaggio inventato – è spesso usato negli spettacoli di vari comici, allo scopo di suscitare il riso del pubblico con
arguzia e creatività. Ricorderò tra i tanti solamente il “Parlapò” di Gigi Proietti (un linguaggio abbreviato, per ‘far prima’ nei nostri
tempi di fretta perenne) e quello di Lando Fiorini, nell’indimenticabile Puff romano, un 'night club' d'altri tempi:
Due mamme, stirando i panni, parlano della valutazione in pagella
dei figli, che le maestre esprimono con moderne abbreviazioni. La prima dice
che il proprio figlio è definito ‘Intellattivo’ e ne spiega il significato alla
seconda: “Mio figlio si dà molto daffare, con molte attività, quindi è anche molto
attivo. Poi, impara in fretta ed usa bene il proprio cervello
nell’apprendimento: quindi è ‘intellattivo’, capito?”. L’altra, poco convinta,
chiede: “Allora mi’ fijo secondo ‘sta definizione come sarebbe, ‘pigronzo’?”.
Chiedo scusa per la digressione leggera e soprattutto per avere portato
ad esempio un comico di nome Gigi.
Qui si parla di cose serie: di ‘Agglutinamento’ di singole lettere.
Si sa che le lingue di molti popoli antichi orientali (Sumeri, Elamiti, Urartei, Kassiti, Hurriti, Ittiti, Gutei e Lullubi degli Zagros) erano agglutinanti.
Si sa che le lingue di molti popoli antichi orientali (Sumeri, Elamiti, Urartei, Kassiti, Hurriti, Ittiti, Gutei e Lullubi degli Zagros) erano agglutinanti.
Qualcuno crede forse che scoprire un Sardo antico agglutinante, ne
dimostri più facilmente la derivazione da esse.
Purtroppo, si sa anche (ma
evidentemente non lo sanno tutti!)
che il tratto agglutinante non può essere usato come carattere distintivo di
derivazione di una lingua dall’altra, dato che esso può essere perso o
acquistato, o anche ereditato da una lingua figlia, o sviluppato
indipendentemente da due lingue differenti, come si è visto in molti casi.
Comunque sia, l’agglutinazione di singole lettere (a che cosa servirebbe?) configura una scoperta
sensazionale ed unica, mai verificatasi prima eppure stranamente ancora oggi
misconosciuta, anche se è stata scoperta e dimostrata ormai da molti anni (almeno da
domenica 28 Giugno 2009, ma certamente anche prima e sempre nel post prandium).
Mi domando come mai nessuno, proprio nessuno, se ne sia ancora accorto,
nel vasto Mondo degli epigrafisti veri (e non dei comici di nome Gigi).