sabato 7 settembre 2013

Nacque in Africa

Quando i primi uomini uscirono 
dall’Africa, la TBC viaggiò con loro.

Attraverso tutta la Storia dell’Uomo, la tubercolosi, o TBC o 'consunzione', è stata una delle più mortali malattie infettive. La sua evoluzione naturale – senza terapia – la porta ad uccidere metà dei pazienti infettati. Persino oggi, pur con l’entrata in campo di antibiotici sofisticati, la TBC uccide da 1 a 2 milioni di persone, ogni anno, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Si pensava comunemente che il Mycobacterium Tuberculosis – l’agente causale della TBC – si fosse sviluppato  circa 10.000 anni fa negli animali e si fosse poi trasferito all’Uomo con l’invenzione dell’agricoltura (J. Diamond – Armi, acciaio e malattie – ipotizzava un’origine nei bovini, avvenuto forse quindi in Mesopotamia). Un nuovo studio scientifico ha dimostrato che la TBC possiede una molto più antica e profonda interrelazione con gli esseri umani: sembra che esso risalga addirittura a circa 70.000 anni fa, prima ancora che i nostri antenati umani uscissero dall’Africa..

Nei secoli XVIII e XIX , nelle nazioni  europee e nordamericane  che andavano rapidamente industrializzandosi la TBC raggiunse picchi epici. Era la principale causa di morte in tutti i gruppi d’età in tutto il mondo occidentale e restò tale fino al XX secolo, quando igiene e sanità  migliori portarono ad una diminuzione della mortalità. Con l’avvento degli antibiotici il trattamento della TBC divenne molto più efficace e la pratica – una volta comune – di trattare i pazienti in un ‘sanatorio’ divenne una pratica ormai superata.
Malgrado tutto, però, la malattia resta ancora oggi un pericolo per la salute globale, grazie alla sua prevalenza nelle nazioni emergenti, con più bassi livelli igienici e più alte densità di popolazione. Inoltre, la TBC è il principale sterminatore dei pazienti affetti dall’HIV ed uccide tuttora fino a 2 milioni di persone nel mondo.  A peggiorare un quadro già triste, sono comparsi nuovi ceppi del batterio, tra le popolazioni affette, che mostrano una resistenza agli antibiotici convenzionali, rendendo il trattamento più problematico.
Il prolungato – e difficile – rapporto tra l’umanità ed il batterio della tubercolosi è ben documentato. Ad esempio: la TBC era diffusa già nell’Antico Egitto; segni della presenza del batterio sono stati riconosciuti in mummie vecchie di 6.000 anni. La scienza è stata in grado di riferire le origini della malattia ad un periodo che gli archeologi definiscono come “Transizione Neolitica”, che avvenne circa 10.000 -11.000 anni fa. In quell’epoca gli esseri umani dettero inizio alla produzione alimentare con la pratica dell’agricoltura e con l’addomesticamento degli animali. Si pensava infatti che l’agente causale della tubercolosi si fosse trasmesso dagli animali all’uomo e fosse quindi, almeno inizialmente, una zoonosi.
Attualmente, un gruppo di ricerca internazionale, condotto da Sebastien Gagneux  dell’Istituto Svizzero per le Malattie Tropicali  e la Salute Pubblica, ha sfidato queste vedute tradizionali, sostenendo la tesi per cui la TBC si sarebbe originate in Africa, molto più precocemente, e direttamente nell’uomo, non nell’animale.
Materiali e metodi.
A mezzo di 259 campioni di batteri tubercolari raccolti in differenti parti del mondo, si è proceduto ad un’attenta analisi genetica, che ha permesso la costruzione di un albero filogenetico (una specie di ‘albero familiare’, che illustra il rapporto di discendenza degli antenati) del germe, rimarcando la sua evoluzione attraverso la storia dell’uomo, attraverso le mutazioni che sono state riscontrate.
I risultati sono apparsi sulla rivista scientifica “Nature Genetics”: essi indicano che il micobatterio della tubercolosi apparve circa 70.000 anni fa, nella popolazione umana dell’Africa. Da allora, emigrò con l’uomo, seguendone l’espansione nel mondo.
In che modo il batterio sia riuscito ad ‘aderire’ all’uomo, accompagnandolo  per un periodo di tempo così lungo, è stato un quesito non risolto per lunghissimo tempo. Da una parte, il micobatterio è un patogeno esclusivamente umano, il che significa che letteralmente ha bisogno dell’uomo per sopravvivere. Dall’altra parte si tratta di un patogeno estremamente  efficace nello sterminare le proprie vittime e questo aspetto è in netto contrasto biologico con la sua stessa sopravvivenza. La ricerca genetica del gruppo di Gagneaux  aiuta a comprendere e spiegare questo paradosso. Infatti evidenzia come – tra 20.000 o 30.000 anni fa – il micobatterio ha sviluppato la capacità di assumere un atteggiamento ‘dormiente’ nel proprio ospite, per poi ritornare attivo dopo alcune decine di anni. Questa abilità potrebbe essersi sviluppata come una necessaria strategia di sopravvivenza in un periodo nel quale la popolazione umana era rappresentata da minuscole comunità di cacciatore raccoglitori, sparute ed isolate l’una dall’altra. Un  agente infettante 'troppo efficace', che distrugga il proprio ospite troppo rapidamente, in quelle condizioni, può facilmente restare senza altri ospiti disponibili a cui diffondersi e sparire esso stesso. Questa capacità del micobatterio di restare latente è proprio ciò ne che rende così difficile il controllo: l’agente può nascondersi per periodi di tempo anche prolungati tra i suoi ospiti umani e poi fare un improvviso ritorno in ambienti nuovi. Si nota infatti che la diversità del micobatterio è marcatamente aumentata in corrispondenza dell’espansione territoriale e numerica dell’uomo. L’interazione immunologica tra micobatterio e uomo, oltre che molto lunga, è complessa e potrebbe anche avere costituito – in qualche caso – un fattore di protezione verso altri germi patogeni molto pericolosi, in alcune epoche passate. Ma questo fa parte di studi – anche genetici – del futuro, volti a identificare i meccanismi di attivazione e disattivazione della malattia.

La speranza, naturalmente è quella di ottenere, attraverso una più completa comprensione  dei complicati rapporti tra uomo e TBC, strumenti migliori per combattere questa lunga battaglia contro una malattia devastante che fino ad oggi non siamo riusciti a sconfiggere definitivamente.