giovedì 5 settembre 2013

IDENTITA' SARDA e Irriducibiltà: l'Isola di Yahweh.

Una volta era definito solamente 'Altare preistorico' di Santa Maria Navarrese.
 Il turista incolto si chiedeva come avesse fatto l'archeologo a capire che si trattasse proprio di un altare e non - per esempio - del bancone di un antico 'fast food place'.
Oggi, invece, tutto è finalmente chiaro: si tratta di un altare per Yahweh. Quello sardo.
(Pannello commissionato ed autorizzato  dalle Autorità preposte del Comune di S. Maria Navarrese)

Traggo lo spunto dal Gardello di cui sopra, per formulare alcune Gonziderazioni.

La Sardegna è preda oggi di un movimento che qualcuno – con perversa presunzione – definisce di ‘Rinascimento’ (altri lo definiscono Movimento dell’Armata Shardariana Brancaleone: vai un po’ a vedere chi ha ragione, alla fine!).

Un gruppo vario di pensatori (attenzione, qui, perché alcuni di essi sono realmente eruditi, altri vogliono fortemente sembrarlo, pur non essendolo affatto e riuscendo a malapena a scrivere: tutti si offendono enormemente alla parola ‘ciarlatano’) si è tenacemente imbarcato, ormai da qualche anno, in una missione di correzione del passato della Sardegna.

Correzione, sì: perché quello vero – fin qui faticosamente costruito dagli studiosi ‘veri’ (che fanno errori, che sono criticabili e fallaci come tutti, in fondo, e che talvolta non sono neppure difendibili, né presentabili, purtroppo) – cioè il passato vero della Sardegna, a costoro non piace proprio e non gli è mai piaciuto: è incerto, poco chiaro, tendenzioso e deformato appositamente.

Quindi lo hanno bocciato, perché lo considerano una costruzione cinica e bara del gruppo degli archeologi e degli storici continentali (o schiavi di essi) che hanno tutta l’intenzione di difendere chissà quali interessi (comunque non interessi sardi!) anche nel campo della Cultura, per potere meglio imbrigliare l’anima ed il corpo dei sudditi isolani. Va da sé che tali intenzioni irredentiste hanno subito catturato le simpatie di tutti coloro che maggiormente sentono e vivono il ‘problema dell’identità’ sarda, dell’indipendenza dell’isola e della necessità di un’autonomia maggiore in campo economico/amministrativo e – appunto – culturale.

E allora, ecco tutto un fiorire di tesi innovative e creative, fantasiose e talvolta schizofreniche, tutte formulate provocatoriamente secondo il principio del massimo gradimento da parte di un auditorio tutto e solo sardo.
I detrattori, per la verità, non le chiamano proprio teorie: essi, anzi, propendono per il termine ‘corbellerie’ e magari talvolta anche ‘favole’: Qualche volta ricorrono a vocaboli un po’ più forti, che possiedono implicazioni di tipo legale civile, con qualche richiamo al penale. Ma si sa, come in tutte le cose, è solo questione di punti di vista.

Vediamole, queste teorie...
- I sardi sono stati i primi, in tutto. Qualunque risultato altre Culture (oppure Civiltà) ottenessero in passato, i Sardi lo avevano già conosciuto e superato.
- I Sardi scrivevano già quasi prima della scrittura: la scrittura Sumera (la più antica che ci è nota e documentata davvero) è giunta nell’isola quasi contemporaneamente alla propria invenzione, probabilmente effettuata da parte di Sardi.
E’ una vera gara; citate qualsiasi cosa, in qualsiasi campo: edilizio, astronomico, culturale, tecnico. Non sfuggirete a questa regola: i Sardi o l’avevano già, oppure l’hanno inventato proprio loro.
Navigavano meglio dei Fenici (secondo alcuni, forse essi erano i Fenici), conquistavano il Mediterraneo, davano faraoni all'Egitto, costruivano zikkurat (chissà perché passare poi al nuraghe?), davano leader politici, militari e religiosi agli Ebrei, osservavano le stelle meglio e prima dei cinesi, misuravano il tempo e conquistavano tutto il mondo, etc. etc.

Alcune delle tesi sono veramente così peregrine, che il senso comune sembrerebbe sufficiente a sbugiardarle. Altre, invece, sono ‘produzioni’ un po’ più sofisticate e più difficili da smontare.
Soprattutto perché il ‘metodo scientifico’ che questa vera e propria setta ha fatto proprio è un semplice e brutale, ma efficace: “Gutta scavat lapidem” (Lucrezio (De rerum natura, I 314 e IV 1281), da Ovidio (Epistulae ex Ponto, IV, 10 e Ars amandi I, 476) e Albio Tibullo (Elegiae I, 4, 18)).

Non si arrendono mai e perseverano imperterriti: “I won’t take ‘NO’ for an answer (non accetto ‘No’ come risposta)”.
Non riconoscono le sconfitte, né le argomentazioni logiche contrarie. La loro reazione alle critiche è sempre verbalmente violenta ed avviene sempre in branco. Molti benpensanti si lasciano intimidire e – per quieto vivere, ‘tenendo famiglia’ – se ne tengono quanto più possibile lontani. Altri sono realmente convinti che ‘basti ignorarli perché si mettano tranquilli’. Fino ad oggi non lo hanno fatto: sono anzi aumentati di numero perché hanno visto che il numero fa la forza. E probabilmente non è lontano il giorno in cui cercheranno di imporre le loro idee e teorie non con la forza della ragione, bensì con la forza fisica.
Hanno concluso che ripetere all’infinito una falsità scientifica prima o poi la farà diventare – alle orecchie della popolazione e quindi dell’opinione pubblica (l’unica che conta, per loro, che infatti mostrano totale disprezzo per l’ambiente accademico) – una Verità scientifica. Il comportamento passivo di chi dovrebbe correggerli e fargli rispettare i limiti dell’informazione e della corretta comunicazione, non fa altro che facilitarli concedendo loro sempre nuove libertà.
Poco alla volta, la setta è diventata un movimento, cui si sono uniti elementi vari e pittoreschi. Gli adepti si riconoscono sempre tra loro con parole d’ordine convenzionali prestabilite (Atlantide, Shardana, Yahweh, sono solo alcune di un molto più vasto repertorio) e si sostengono a vicenda, con un ammirevole spirito di corpo.
Visto che l’appartenenza al Movimento di Risorgimento dell’Armata Brancaleone Shardariana fornisce qualche pulpito privilegiato e garantisce una discreta visibilità, (tra weblog autogestiti, assessori alla cultura compiacenti ed altri intrallazzi vari), molti sono tentati di strizzare l’occhiolino al movimento, se non addirittura entrare a farne parte, per potere vendere le proprie patacche e comparire qua o là in una qualche attività paesana, o festa rionale, o ricorrenza, o raduno o chissà-che-cosa.

Ed ecco che – come funghi – compaiono le scritte inneggianti al dio Sumero (ya), al dio Accadico (ahu) alla sua lenta trasfigurazione in Yahweh (che è avvenuta per la prima volta in Sardegna, naturalmente!).
Se non le scritte, sono le etimologie: tutto il sardo è riportato al Sumero, la lingua scritta più antica, l'unica che precede - ma solo di di poche ore - il sardo.
Che non è neolatino! Non permettetevi neppure di pensarlo.


"Tra le più notevoli paranomasie nella lingua e nel canto sardi,
 è quella relativa al canto di Orune 'Sa Crapòla'.
Se sei sardo, forse credi di conoscerne la storia: 
che essa narri di un cacciatore che 
non ha il coraggio di uccidere una capretta che ha sotto tiro

NON E' COSI':

in Sumero, infatti
kar = risplendere;
bu =  perfetto;
la = apparire;
karbula, per metatesi, diventa krabula.

Cosicché il significato reale è: 
"O Risorgente, che appari perfetto!"*,

 non un canto bucolico di delicata pietà sarda, 
bensì l'inno religioso identitario e distintivo 
al nuovo Risorgimento Sardo....
Nell'Isola paranomasica e metatetica di Yahweh.

(E non stiamo esagerando)


* Tratto da: "BIDUSTOS", si A. Deplano.