Guerrieri di ferro e abili navigatori riecco i Shardana
SANT’ANTIOCO Un popolo misterioso, ancora poco conosciuto. I docenti di un liceo e di una scuola primaria hanno deciso di farli sbarcare tra i banchi inserendoli nel programma di studio
Navi veloci, terribili. Guerrieri invincibili. Un popolo magico. Torri che sfidano il cielo. Sono loro: “I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo combattere. Arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli”. Così li definisce il terzo monarca della XIX dinastia egizia: Ramses II (che regnò dal 1279 a.C al 1213 a.C) in una stele ritrovata a Tanis, nel Basso Egitto. Popolo misterioso, gli Shardana-Nuragici: is mannus nostus. Poco conosciuto anche qui da noi. Per cercare di levar via un po’ di tenebra dai loro elmi cornuti e dalle loro spade, Stefano Soi - docente di filosofia e storia al liceo scientifico Lussu di Sant’Antioco - e Patrizia Incani – insegnante di storia e italiano nella scuola primaria, nel plesso di via Virgilio del circolo didattico di Sant’Antioco - hanno deciso di farli (ri)sbarcare tra i banchi di scuola. Dopo circa tremila anni, secolo più, secolo meno. Due decisioni prese in autonomia, ognuna con motivazioni differenti. Un filo rosso lega però quest’idea: la conoscenza di Marcello Cabriolu. Santantiochese, studioso di Beni Archeologici, collaboratore esterno della Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali, Cabriolu è autore de “Il Popolo Shardana”, edito lo scorso anno dall’editrice selargina Domus de Janas. Un libro che ha “fulminato sulla via di Damasco” Stefano Soi e Patrizia Incani. O che, quantomeno, ha dato loro una spinta in più per maturare una decisione, forse, già in animo. Spiega Stefano Soi: «Il mio desiderio di arricchire il programma scolastico, con interventi esterni di altissimo profilo storico, nasce dal credere che la sana e buona cultura debba essere eversiva. In particolare lo è la storia, perché obbliga a problematizzare il presente e a migliorarlo». La tradizione, il racconto storico, continua Soi «connette il passato alle aspettative presenti, dà sostegno e speranza alla ricerca di un significato positivo per il presente e il futuro ». Non si può, dice Soi «raccontare un popolo di navigatori e non chiedersi come mai oggi ci si senta imprigionati. Né come mai da civiltà a tutto tondo ci si sia regionalizzati ». La scuola, prosegue il docente di filosofia «ha il compito di far immaginare il nostro passato ma anche possibili scenari futuri, non avvertiti come minaccia ma come possibilità di creazione per dare significato al presente». Diverso il target di Patrizia Incani, alle prese coi suoi monelli. L’insegnante elementare spiega: «Il mio programma è rivolto ai bimbi della quarta classe della scuola primaria. Si descrivono e si inquadrano le prime civiltà conosciute, il loro rapporto con l’ambiente e l’importanza che hanno avuto per i popoli moderni». Verranno studiate la civiltà Mesopotamica, gli Egizi, la civiltà Indiana, la civiltà Cinese, le antiche civiltà del mare: Cretesi, Micenei, Fenici; gli Ebrei e il popolo Shardana. Nonostante i libri delle scuole non ne parlino, Patrizia ha deciso di proporre la storia degli Shardana: «Credo sia opportuno che i miei alunni conoscano le proprie origini e possano apprezzare la presenza dei sardi nei processi storici studiati. Ho voluto dare il giusto valore al nostro popolo, perché lo si possa inquadrare nuovamente rispetto alle precedenti valutazioni storiche». Per Patrizia non è un semplice esperimento: «Visto che l’argomento è supportato scientificamente, in futuro questo studio non potrà che ampliarsi». IL PLAUSO DELLO STUDIOSO Marcello Cabriolu è lo studioso promotore di quest’eresia: far studiare gli antichi sardi a scuola. Il suo libro “Il Popolo Shardana” è un affascinante viaggio nelle origini del popolo che dette inizio alla nostra storia, un popolo di navigatori, dalle grandi conoscenze tecnologiche e dalla profonda religiosità. «Condivido l’idea dei due docenti sull’utilità della riscoperta del nostro patrimonio storico. Dare ai ragazzi la possibilità di sentirsi come gli egiziani o i greci, quando studiano le loro rispettive grandi civiltà, significa motivarli e renderli orgogliosi di loro stessi». Poter insegnare ai ragazzi quali «formidabili navigatori e guerrieri fossero i sardi li aiuterà a considerare il ruolo di primissimo piano e di conquista avuto dalla Sardegna». Marcello si è complimentato coi due insegnanti per la scelta loro coraggiosa e li ha incoraggiati a non desistere in futuro dal proposito: «Auspico che questo sassolino nel mare possa essere da esempio per tanti altri insegnanti».
Non ritengo utile precisare che - un'altra volta ancora - ho sottolineato quelle che considero - con ottima possibilità - assolute panzane. E' odioso l'uso ideologico del vocabolo improprio 'Popolo', per gli 'Shardana', che forse non sono neppure un gruppetto etnico e su cui la Scienza non ha ancora trovato un Consenso. I Shardana non possono scientificamente essere quindi considerati 'antenati' dei Sardi: potrebbero infatti essere stati un corpo militare specializzato (come dire che i Tunisini discendono dal 'Battaglione Sacro' cartaginese e gli Italiani dai 'guastatori' o dai 'corazzieri'). Non è in alcun modo dimostrata né come categoria di navigatori, né come di guerrieri, né particolarmente religiosi. La produzione dei bronzetti, infine, è notoriamente e provatamente tarda (Età del Ferro) e non può in alcun modo rappresentare l'aspetto e gli usi di cinque, sette, nove secoli antecedenti. La sede di loro produzione, infine, è Cipriota, non Sarda: difficile quindi collegarli ad una fantasiosa epopea isolana...
Poveri bimbi sardi: che devono sentirsi raccontare queste pappecotte ideologizzate come se fossero storia vera.