lunedì 10 giugno 2013

Avatar, Avatara

Avatar
L'avatar, nella cosiddetta “Realtà virtuale”, è un'immagine scelta per rappresentare la propria utenza in comunità virtuali, luoghi di aggregazione, discussione, o di gioco "on line".
Qualcuno ha posto corpose obiezioni al fatto che ci si presenti in forma anonima agli altri. Infatti la cosa si presta all’assunzione di alcuni atteggiamenti certamente differenti da quelli che ciascun soggetto terrebbe se non fosse nascosto dietro una specie di ‘maschera’.
In realtà, la cosa può procedere fino anche a fraintendimenti gravi, oppure al furto d’identità epersino alla truffa…

La parola, che è in lingua sanscrita, è originaria della tradizione induista, nella quale ha il significato di incarnazione, di assunzione di un corpo fisico da parte di un dio (Avatar: "Colui che discende"): per traslazione metaforica, nel gergo di internet si intende che una persona reale che scelga di mostrarsi agli altri, lo faccia attraverso una propria rappresentazione, un'incarnazione: un avatar appunto.
Tale immagine, che può variare per tema e per grandezza (di solito stabilite preventivamente dai regolamenti delle comunità virtuali), può raffigurare un personaggio di fantasia (ad es. un cartone animato, un fumetto), della realtà (ad es. il proprio cantante o attore preferito, o anche la propria immagine), o anche temi più vari, come vignette comiche, testi, ed altro.
Il luogo di maggiore utilizzo degli avatar sono i forum, i programmi di instant messaging, e i giochi di ruolo on-line dove è d'uso crearsi un alter ego. Alcuni siti invitano a dotarsi di un avatar ispirato a un certo tema per renderne uniforme l'utilizzo in modo da migliorare il senso di appartenenza alla comunità virtuale. Per esempio il sito del Villaggio di Ofelon richiede un avatar di ispirazione medievale che, unitamente a un soprannome in tema, tende a creare un'ambientazione di cavalieri del medio evo.


Avatāra



Kṛṣṇa ottavo avatāra di Viṣṇu. Qui è raffigurato come Kṛṣṇa Veugopāla, ovvero Kṛṣṇa suonatore di flauto (veu) e pastore delle mucche (gopāla).Ha una corona regale (kirīa mukua) con penne di pavone (mayūrapattra) che simboleggiano l'immortalità, richiamata anche dal pavone in basso a destra della figura. Il pavone simboleggia l'immortalità in quanto il suo progenitore nacque da una piuma di Garuda. La ghirlanda di Kṛṣṇa è una ghirlanda di fiori (tulasī) ed è composta da cinque filari di fiori che rappresentano i cinque sensi dell'uomo. La sua postura è la ardhasamasthānaka pādasvastika, la postura a gambe incrociate con il piede destro che tocca con le punta delle dita il terreno mostrando leggerezza e calma e appoggiandosi alla mucca posta dietro di lui. Dietro Kṛṣṇa, l'immagine di una mucca, Surabhī che vive nel paradiso di Kṛṣṇa, Goloka. La mucca è dispensatrice di beni e per questo è sacra e non può essere uccisa. Sono le mucche che dopo la morte degli uomini consentono loro di attraversare un fiume sotterraneo (il Vaitaraī) pieno di coccodrilli per giungere all'altra riva dove disporranno di un nuovo corpo per la successiva reincarnazione. È vestito di giallo (pitābara) colore della divinità solare che illumina il cosmo.
Avatāra (devanāgarī ) è un sostantivo maschile della lingua sanscrita con cui si indica l'apparizione o la discesa sulla terra della divinità avente lo scopo di ristabilire o tutelare il Dharma.
Tale termine è collegato al verbo avat ( di genere parasamaipadam, attivo, di 1ª classe), con il significato di "discendere in" (accusativo o locativo) oppure "discendere da" (ablativo) ancora "arrivare a" (accusativo) o "essere al posto giusto", "essere adatto" e infine "incarnarsi" (nel caso di una divinità).
La nozione religiosa di avatāra, ovvero la "discesa sulla terra della divinità" compare per la prima volta in India tra il III e il II secolo a.C., nella Bhagavadgītā quando Viṣṇu esprime l'intenzione di assumere diverse forme al fine di restaurare l'ordine cosmico (ta/Dharma).
(SA)
« yadā yadā hi dharmasya glānir bhavati bhārata abhyutthānam adharmasya tadātmāna
sjāmy aham paritrāāya sādhūnā vināśāya ca duktām dharmasasthāpanārthāya sabhavāmi yuge yuge »
(IT)
« Così ogni volta che l'ordine (Dharma) viene a mancare e il disordine avanza, io stesso produco me stesso, per proteggere i buoni e distruggere i malvagi, per ristabilire l'ordine, di era in era, io nasco. »
(Bhagavadgītā IV, 7-8. Corrisponde al Mahābhārata VI, 28, 7-8)
Presso la religione Induista, un avatar o avatāra è l'assunzione di un corpo fisico da parte di Dio o di uno dei Suoi aspetti. Questa parola deriva dalla lingua sanscrita e significa "disceso"; nella tradizione religiosa induista consiste nella deliberata incarnazione di un Deva, o del Signore stesso, in un corpo fisico al fine di svolgere determinati compiti. Questo termine viene usato principalmente per definire le diverse incarnazioni di Vishnu, tra cui si possono annoverare Krishna e Rama.
Gli adoratori di Vishnu quale divinità suprema, i vaishnava, credono che Dio si incarni ogni qualvolta avviene un declino dell'etica e della giustizia, unitamente all'insorgere delle forze demoniache che operano in senso opposto al dharma, la legge cosmica. A tal proposito, è famosa la frase pronunciata dal Signore Krishna, ottavo avatar di Vishnu, nel suo discorso ad Arjuna durante la battaglia di Kurukshetra:
« Per la protezione dei giusti, per la distruzione dei malvagi e per ristabilire i princìpi della Giustizia Divina, Io mi incarno di era in era »
(Bhagavad Gita, IV, 8)

Credenze e significati 
La filosofia che si riflette nell'epica induista è la dottrina dell'Avatar (incarnazione di Vishnu o Dio in forma umana). I due principali avatar di Vishnu che appaiono nell'epica induista, sono Rama, l'eroe del Ramayana, e Krishna, amico e parente dei Pandava nel Mahābhārata. Diverso dai deva o deità della Samhitas Vedica, e dalle astratte Upaniad che concepiscono il tutto come un essere senza forma (Brahman), gli Avatar in questa era epica induista sono intermediari umani, tra l'Essere Supremo, rappresentato come Īśvara (o Saguna Brahman), e i mortali.
Questa dottrina ha avuto un grande impatto sulla vita religiosa degli Induisti; questo perché Dio ha manifestato Se Stesso in una forma che può essere compresa e apprezzata persino dalle persone più indifferenti. Nel corso di migliaia di anni, Rama e Krishna sono state la manifestazioni del Divino più adorate e venerate tra gli Induisti. Il concetto estratto dalle Upaniad, di sottomissione e rispetto verso l'unità di Brahman, è considerata la massima espressione del pensiero induista, e ha fornito la base teologica alla religione, per generare nella manifestazione, in aiuto all'umanità nelle epoche oscure, la più elevata divinità, l'avatar. Il ciclo di creazione e distruzione contiene l'essenza dell'idea di "avatar" e fa veramente affidamento sull'avatar decisivo di Vishnu, chiamato Kalki, come colui che darà l'ultima spallata al degrado etico dell'umanità.
Rama e Krishna non sono assolutamente gli unici avatar della tradizione induista, la quale vuole che il Divino abbia preso forma umana in diverse epoche storiche, anche prima che l'uomo comparisse sullaTerra. Si conoscono molti avatar legati a Vishnu ma poco quelli legati a Brahma o Shiva. Alcune tradizioni Indù, in base al Ramayana, affermano che Śiva si è incarnato solo una volta come l'uomo-scimmiaHanuman, il devoto di Rama per eccellenza.
Il filosofo Adi Shankara, il primo grande unificatore dell'Advaita Vedānta, è considerato un avatar di Śiva.

I Dieci Avatar di Vishnu, o Dasavatara 
Maha Avatara (Grandi Avatar) di Vishnu, indicati e descritti nel Bhagavata Purana, sono dieci. Popolarmente questo insieme di Avatar è conosciuto come Dasavatara (dasa in Sanscrito significa dieci):
1.   Matsya, il pesce
2.   Kurma, la tartaruga o la testuggine
3.   Varaha, il verro o il cinghiale
4.   Narasimha, l'uomo-leone (dal sanscrito nara, "uomo", e simha, "leone")
5.   Vamana, il nano
6.   Parashurama, Rama con la scure (o accetta), o l'abitante della foresta
7.   Rama, Sri Ramachandra, il principe del regno di Ayodhya
8.   Krishna (significa infinitamente affascinante)
9.   Balarama o Buddha (vedi sotto)
10. Kalki ("Eternità", o "tempo", o "Il Distruttore della Malvagità"), che la tradizione Indù attende alla fine del Kali Yuga, l'era contemporanea
Tuttavia, alcune scritture Indù elencano almeno 23 avatar.
Simbolismo 
Molti sostengono che i dieci Avatar di Viṣṇu rappresentino l'evoluzione della vita e dell'umanità.
1.   Matsya, il pesce, rappresenta la vita negli oceani primordiali.
2.   Kurma, la tartaruga, rappresenta il passo successivo, gli anfibi.
3.   Varaha, il cinghiale, simboleggia la vita sulla terraferma.
4.   Narasimbha, l'uomo-leone, simboleggia il principio dello sviluppo dell'uomo.
5.   Vamana, il nano, simboleggia invece l'incompleto sviluppo dell'essere umano.
6.   Parashurama, l'abitante della foresta, suggerisce il concetto dello sviluppo fisico completo, dell'umanità
7.   Rama, il re, Rama il signore, rappresenta l'abilità umana a governare le Nazioni.
8.   Krishna, un esperto in 64 settori della scienza, in accordo con la religione Induista, rappresenta l'evoluzione culturale dell'umanità.
9.   Buddha, l'Illuminato, simboleggia l'illuminazione e l'evoluzione spirituale dell'uomo.
10. Kalki, l'avatar dal cavallo bianco, rappresenta la finale liberazione dell'uomo e il ritrovamento della propria natura divina.
Gli avatar comunque rappresentano l'ordine, e non il tempo di questi avvenimenti, secondo certe confessioni Indù.
Buddha è considerato un avatar? 
Balarama è il nono avatar secondo la tradizione Puranica. Tuttavia con l'aumento della popolarità del Buddhismo in India, verso la metà del I millennio d.C. si credette che Gautama Buddha fosse il nono avatar promesso (questo è un esempio di come l'Induismo assimili altre idee e culture, il che ha causato il declino del Buddhismo in India). Secondo il punto di vista prevalente nel Nord dell'India, Balarama è l'incarnazione del serpente di Vishnu Adi Sesha, piuttosto che di Vishnu stesso.