giovedì 4 aprile 2013

IPB-1: la prostata e la storia

Ritratto di Nerone - Musei Capitolini


1) LA PROSTATA DI NERONE

Che si viva male , con una prostata troppo grossa, qualunque malato di Ipertrofia Prostatica (IPB) lo sa fin troppo bene. Ciò che non è comunemente noto è che oggi disponiamo di terapie mediche molto efficaci, diagnosi piuttosto precise e – soprattutto – procedure chirurgiche valide, sicure, che garantiscono (oltre alla sopravvivenza) una buona se non ottima qualità di vita dopo l’intervento.
Un tempo, però, non era affatto così.






Ai tempi dell’Imperatore Romano, nato come Lucio Domizio Enobarbo  e noto come Nerone, cui è stato attribuito l’incendio di Roma nell’ anno 64 (dettato da interessi economici, sembra, più che da pazzia come comunemente si ripete), l’intervento era assolutamente impensabile, le sofferenze erano garantite e la sorte, alla fine, era ineluttabilmente la morte. E’ vero che esisteva un catetere vescicale (realizzato in bronzo già nel 3000 a. C. e citato in alcune tavolette d’argilla mesopotamiche con il nome di "upu", cioé chiave), ma si trattava di un apparecchio di cui si è persa e ritrovata più volte la fiducia, sempre poco e spesso male usato.
E’ anche vero che alcuni "chirurghi" sapevano fare il cosiddetto "taglio della pietra" (praticamente un’incisione nel perineo del paziente, senza anestesia, fino a raggiungere la vescica e svuotarla o rimuoverne un calcolo (una pratica dolorosa, rischiosa e talvolta mortale, di cui non conviene fare un’abitudine!). Ma ogni tentativo era un’avventura e spesso le conseguenze erano infezioni urinarie anche gravi.
Insomma, Nerone soffriva – a quanto pare – di fastidiosissimi disturbi prostatici detti oggi "tenesmo urinario" ed essendo un imperatore, la cosa non gli piaceva affatto.
Per tale motivo, si rivaleva di un malanno forse anche in certa misura meritato (che gli avevano procurato i suoi disordini alimentari e di vita) nei confronti di alcuni suoi schiavi, con grande e premeditata cattiveria…
Procedeva così: faceva legare loro la base del pene, per ostacolare la fuoriuscita dell’urina e dopo qualche giorno se li faceva condurre davanti, per gioire malevolmente delle sofferenze evidenti di quei poveri malcapitati.
Non è esattamente il migliore esempio del proverbio: "Mal comune, mezzo gaudio" ! 
 Ma quanto sopra già basta per comprendere che i pazienti prostatici di oggi – se proprio non possono essere contenti della loro malattia – hanno molto meno da lamentarsi di allora…


Questo è il primo di una serie di articoli volti ad illustrare come la prostata abbia avuto un suo ruolo preciso (talvolta non insignificante) nella storia.