venerdì 5 aprile 2013

IPB 4 - Michelangelo



PIETRA DA NON SCOLPIRE


Michelangelo di Lodovico Buonarroti Simoni

(1475 – 1564) fu pittore, scultore, architetto e poeta, meglio conosciuto soltanto come Michelangelo, il grande autore degli affreschi della Cappella Sistina, che recentemente il mondo ha avuto modo di rivedere durante il Conclave per Papa Francesco, e di molte sculture ammirate in tutta Italia.

Aveva un temperamento bizzoso tipico da artista, per cui non dobbiamo attribuire la totalità di certi suoi atteggiamenti, che in realtà gli erano propri, alla malattia. 
Egli soffriva, infatti, di una ritenzione urinaria, probabilmente dovuta ad ipertrofia prostatica, e di una conseguente calcolosi vescicale (spesso, la calcolosi o litiasi vescicale è favorita dalla stasi urinaria, attraverso il meccanismo dell'infezione). 
 Va detto che  oggi noi sappiamo che  la calcolosi vescicale può essere causata dall’ipertrofia prostatica, ma a quel tempo non ne avevano la più pallida idea: anzi, più probabilmente non sapevano neanche che esistesse questa malattia. Conoscevano i calcoli e riconoscevano al massimo certe “carnosità” che ostacolavano il deflusso dell’urina, ma senza meglio specificare. 
La cura era, naturalmente, empirica.

Michelangelo era un assiduo frequentatore delle terme di S. Bernardo, alle cui acque attribuiva virtù terapeutiche (bisogna aggiungere che tutte le acque sono utili, per prevenire e talvolta anche curare la calcolosi urinaria e che la temperatura elevata delle acque in cui ci si immerge può avere un effetto benefico sul dolore, miorilassante sulla muscolatura liscia).

Michelangelo fu però costretto a sottoporsi per molti anni a ripetute dilatazioni uretrali. Terminò la sua lunga vita (quasi 89 anni!) tra le sofferenze, solo in parte probabilmente mitigate dall’uso dell’oppio. 
Lavorò quasi fino all’ultimo, pur se ci ha lasciato numerosi lavori non finiti.
Ecco un caso in cui, molto probabilmente, la produzione artistica e quindi anche la traccia lasciata da un illustre paziente nella storia non sono state sensibilmente alterate da questa ghiandola infingarda, la prostata.

E dico infingarda, perché essa non dà grandi segni di sé per la gran parte della vita dell'uomo fino a tarda età, quando spesso la sua presentazione è foriera di brutte se non addirittura pessime notizie. In questo, essa si dimostra infida e traditrice, a differenza dell'utero, che dà più onestamente precoci segni della propria presenza nella quotidianità della vita della donna. Anche nella diagnosi i due organi hanno sempre avuto comportamenti consistenti con la maggiore "sincerità" dell'utero rispetto ai modi più obliqui della prostata.