sabato 6 aprile 2013

IPB 6 . Carlo V

L'Impero di Carlo V

Sul mio impero non tramonta mai il sole” - Era una delle numerose vanterie di Carlo V.

Ma non era la sola:  si vantava anche di “soffrire” di una sovraeccitazione sessuale che lo rendeva particolarmente efficace ed aggressivo, nell’intimità (a volte succede, non solo nell’ipertrofia prostatica).

Ma tutto questo non impedì che – prima o poi, la prostata avesse la meglio su di lui. Il suo medico personale era Hamado Felipe, ed ideò per il suo caso una terapia che oggi consideriamo una tortura particolarmente orripilante: consisteva nell’introduzione per mezzo di una sonda uretrale, di una “candeletta” da sistemare a livello dell’uretra prostatica e lasciare in sede per una settimana. Sta di fatto che questa ‘candeletta’ era composta di albune d’uovo, bava di lumaca ed una sostanza corrosiva a base di calce viva.

Nelle intenzioni dell’ideatore di questo barbaro metodo, l’azione corrosiva della candeletta avrebbe dovuto macerare la prostata e permettere di conseguenza al Re un più validi flusso attraverso  un’uretra ampliata di calibro, dopo la rimozione dell’affezione che “gli strozzava lo sbocco dell’otricello”.

Per quanto oggi ci sembri impossibile, questa terapia ebbe grande fortuna in tutta l’Europa: per noi è incomprensibile come ciò potesse accadere, dato che essa può causare dolorosissime ustioni, pericolose fistole urinarie inguaribili e persino la morte. Di fatto, il Re Carlo V vi si sottopose a  per anni e la terapia fu realmente impiegata anche dal grande chirurgo Ambrose Paré e da altri luminari dell’epoca…

Carlo V era figlio di Giovanna la Pazza (che riuniva le due linee degli Aragona e di Castiglia, essendo a sua volta figlia di Fernando d’Aragona e Isabella di Castiglia) e di Filippo il Bello (a sua volta figlio di Massimiliano d’Asburgo e di Maria di Borgogna).

Nel 1556, abdicò in favore del figlio Filippo (e del fratello Ferdinando): tra le cause di tale abbandono del trono molto probabilmente un ruolo non di secondo piano fu giocato dallo stato di grande sofferenza cronica al quale era giunto il sovrano Imperatore.

Malgrado il suo stato, però, pare che Carlo V si abbandonasse volentieri ai piaceri della buona tavola, sordo ai consigli medici, malgrado il fatto che soffrisse di altre due malattie che – ancora di più dell’ipertrofia prostatica – richiedevano diete rigorose: la gotta ed il diabete.

Carlo V morì due anni dopo, nel 1558 – ufficialmente di malaria, ma ci permettiamo di non crederci – dopo tre settimane di agonia.

Le cronache ci ritraggono un re cattolico in grande sofferenza, negli ultimi momenti di vita, mentre grida: “Ya voy, Senor! Ay Jesus!” (Io arrivo, Signore! ah, Gesù!).

E fu così che ipertrofia prostatica dell’uomo mortificò l’ipertrofia dell’ego imperiale: il sole riprese indifferente il proprio corso abituale, riportando il tramonto sui futili orgogli passeggeri terreni e sulle perenni miserie umane.