L'Impero di Carlo V |
Ma non era la sola: si vantava anche di “soffrire” di una
sovraeccitazione sessuale che lo rendeva particolarmente efficace ed
aggressivo, nell’intimità (a volte succede, non solo nell’ipertrofia
prostatica).
Ma tutto questo non impedì che – prima o poi, la prostata
avesse la meglio su di lui. Il suo medico personale era Hamado Felipe, ed ideò
per il suo caso una terapia che oggi consideriamo una tortura particolarmente orripilante:
consisteva nell’introduzione per mezzo di una sonda uretrale, di una “candeletta”
da sistemare a livello dell’uretra prostatica e lasciare in sede per una
settimana. Sta di fatto che questa ‘candeletta’ era composta di albune d’uovo,
bava di lumaca ed una sostanza corrosiva a base di calce viva.
Nelle intenzioni dell’ideatore di questo barbaro metodo, l’azione
corrosiva della candeletta avrebbe dovuto macerare la prostata e permettere di
conseguenza al Re un più validi flusso attraverso un’uretra ampliata di calibro, dopo la
rimozione dell’affezione che “gli strozzava lo sbocco dell’otricello”.
Per quanto oggi ci sembri impossibile, questa terapia ebbe
grande fortuna in tutta l’Europa: per noi è incomprensibile come ciò potesse
accadere, dato che essa può causare dolorosissime ustioni, pericolose fistole
urinarie inguaribili e persino la morte. Di fatto, il Re Carlo V vi si sottopose
a per anni e la terapia fu realmente
impiegata anche dal grande chirurgo Ambrose Paré e da altri luminari dell’epoca…
Carlo V era figlio di Giovanna la Pazza (che riuniva le due
linee degli Aragona e di Castiglia, essendo a sua volta figlia di Fernando d’Aragona
e Isabella di Castiglia) e di Filippo il Bello (a sua volta figlio di
Massimiliano d’Asburgo e di Maria di Borgogna).
Nel 1556, abdicò in favore del figlio Filippo (e del
fratello Ferdinando): tra le cause di tale abbandono del trono molto
probabilmente un ruolo non di secondo piano fu giocato dallo stato di grande
sofferenza cronica al quale era giunto il sovrano Imperatore.
Malgrado il suo stato, però, pare che Carlo V si abbandonasse
volentieri ai piaceri della buona tavola, sordo ai consigli medici, malgrado il
fatto che soffrisse di altre due malattie che – ancora di più dell’ipertrofia
prostatica – richiedevano diete rigorose: la gotta ed il diabete.
Carlo V morì due anni dopo, nel 1558 – ufficialmente di malaria, ma ci
permettiamo di non crederci – dopo tre settimane di agonia.
Le cronache ci
ritraggono un re cattolico in grande sofferenza, negli ultimi momenti di vita,
mentre grida: “Ya voy, Senor! Ay Jesus!” (Io arrivo, Signore! ah, Gesù!).
E fu così che ipertrofia prostatica dell’uomo mortificò l’ipertrofia
dell’ego imperiale: il sole riprese indifferente il proprio corso abituale,
riportando il tramonto sui futili orgogli passeggeri terreni e sulle perenni miserie
umane.