martedì 2 aprile 2013

Risposta a M. Pittau

Caro Professor Pittau:

La sua lettera mi pone di fronte ad un obbligo piuttosto oneroso di risposta, al quale non desidero certamente sottrarmi, anche perché mi ha evidenziato una mia responsabilità diretta (involontaria, le assicuro) nel fraintendimento dal quale originano alcune (non tutte) sue critiche.

-- Mi permetta pertanto di iniziare proprio dal punto (6) della sua lettera, che è quello incriminato
Come lei sa, non perdo di vista le attività dei Fantarcheologi.
Le mie espressioni poco gentili sono rivolte a loro e certamente mai a lei.
Ma mi rendo ben conto che il mio tentativo frettoloso di sintesi nel mio blog ha prodotto lo spiacevole effetto di far sembrare possibilmente quelle espressioni indirizzate a lei. 
Non è affatto così e me ne devo scusare con lei, professore: sono realmente mortificato per avere io causato questa spiacevolissima incomprensione imbarazzante.

Proseguirò con un ordine sparso, se mi perdonerà, toccando però tutti i punti che lei annota, non senza avere prima fatto una premessa.

I Limiti dell'Argomento.

Stiamo trattando di un argomento che sta molto a cuore ad entrambi e nel quale lei indubbiamente possiede un'esperienza di studio pluriennale molto più lunga e certamente superiore alla mia, (che sono solo un orecchiante appassionato): quindi non dubiti mai - la prego - della mia buona fede o delle mie intenzioni nei suoi confronti. Io sono un suo indegno studente 'part time', che in più possiede fortunatamente anche altre letture, numerose quanto talvolta disordinate.

Quando Seneca scrive: "La differenza tra Noi (i Romani) e Loro (gli Etruschi) sta in questo: che noi crediamo il fulmine nasca dallo scontro di due nuvole. Loro credono che le due nuvole si scontrino per causare quel fulmine". 

Questa frase esemplifica la praticità latina ed il fatalismo etrusco (probabilmente anche nella mente dell'autore). 

Ma esprime anche la differenza tra il fatto noto, che non si mette neppure in discussione e si dà per scontato (l'effetto mortifero del fulmine) e l'ignoto (la causa vera del fulmine), su cui si possono formulare ipotesi e si possono quindi avere opinioni discordanti.
Io schematizzo così i vari aspetti di questo argomento in:

Fatti noti: appartengono al mondo concreto ed ineludibile dell'evidenza provata ed in genere non si può affatto 'formulare ipotesi' oppure avere 'opinioni differenti' al riguardo di essi. Folgorato è morto.

Ipotesi opinabili: appartengono all'ignoto, su cui quasi tutto si può costruire. Basta ricordare che tali costruzioni possono essere un vasto ventaglio di ipotesi, dalle più alle meno credibili. In genere si devono scartare quelle ipotesi che contengono elementi provati scientificamente o certamente come falsi; poi si devono scartare quelle ipotesi conteneti la maggior parte di elementi incredibili o poco probabili: infine, tra ciò che resta, si deve 'premiare' l'ipotesi che contiene la maggiore qualntità di elementi credibili o scientificamente provati come veri. Questo è il metodo per giungere alla teoria di massima verosimiglianza, che è la Verità del Consenso, ma è pur sempre temporanea, fino a che nuove evidenze non la detronizzeranno a favore di un'altra, eventualmente più sicura scientificamente. Ripetere fino all'esaurimento un'ipotesi non fa di essa una Teoria.

Teoria: è un'ipotesi valida (o un complesso d'ipotesi sinergiche), con molti elementi di prova a proprio favore, tali da renderla credibile e diventare, almeno, un'ipotesi di massima verosimiglianza se non proprio una verità definitiva... 

Proseguo quindi nei punti.

(7) La scarsità di vocaboli fenicio-punici. Si tratta qui di un apprezzabilissimo e solido dato di fatto, che non appartiene alla sfera delle ipotesi su cui si possano sostenere opinioni differenti e contrapposte. E - tra l'altro - l'apporto della Genetica di Popolazioni a questo fatto non è affatto in contrasto con l'esiguità dell'apporto demico fenicio-punico alla composizione del pool genetico dei Sardi. L'unica cosa che la Genetica di Popolazioni dimostra scientificamente è la presenza di elementi genetici che sono fenici, in tutte le sedi che la storia ha riferito come sedi di stanziamento o di fondaci Fenici. Anche fuori della Sardegna (Cipro, Creta, coste dell'Africa, altre isole greche etc). Eppure esiste chi - fantarcheologo - sostiene che i Fenici non sono mai esistiti e scrive libri al riguardo.

      a) Non conosco il dott. Mulas (genetista o immunoematologo?) di Olbia. Le posso però assicurare che non abbiamo alcunché su cui "metterci d'accordo", anche perché i suoi studi che lei mi cita al riguardo sono ormai incompleti e datati e le sue conclusioni errate (sono certo che egli sia informato degli ultimi studi, che le accludo alla mia). Gli studi più recenti e fededegni - infatti - sono prodotti da altri (per esempio: Barbujani, Wells, etc.). 

     b) Ma le dico subito che lei ha visto giusto, quando ha parlato di 'campionatura'.
 Infatti se fino a qualche tempo fa sembrava che M. Pallottino avesse fatto salti mortali in difesa del proprio posto di lavoro (in tempi di 'autarchia', quando tutto doveva essere italiano: la squadra "Internazionale" dovette rinominarsi "Ambrosiana Inter" ed il trio di sorelle cantanti Leschan dovette chiamarsi Lescano). La teoria del famoso Etruscologo, circa l' importanza preminente della sede ove si è compiuta  appieno la formazione del carattere di un popolo, (che avrebbe molto maggiore importanza dell'origine geografica reale di tale popolo), sembra oggi essere molto più accettata di un tempo e confermata dai risultati di campionamenti più grandi.

Oggi, si parla nuovamente di Etruschi autoctoni (da parte di Barbujani e Caramelli), accreditando nuovamente Pallottino di un'ottima teoria, quando in passato lo si era ridicolizzato come un 'tengo famiglia' di regime... 

Io le ricordo qui che gli studi genetici condotti sulle popolazioni di bovini dimostravano (e lo fanno tuttora) la Chianina come proveniente dall'oriente mediterraneo (a differenza di tutte le altre popolazioni di bovini italiani, che si raggruppano geneticamente con quelle europee), in un periodo in cui la quantità del campione 'etrusco' per la popolazione umana era scarsissimo, per cui si ipotizzava l'estinzione delle linee evolutive degli Etruschi. Si ipotizzava conseguentemente un'immigrazione demica di scarsa entità dall'oriente, che nel tempo si era persa del tutto, pur lasciando un'impronta culturale estremamente duratura.

Infatti, avevo scritto che - pur restando la distanza genetica incolmabile dei Protosardi dagli Etruschi (in questo caso sarà meglio che il Mulas si aggiorni, se non lo ha già fatto, come credo) - la veridicità del racconto Erodoteo circa l'origine orientale degli Etruschi era 'salvata' proprio dalla Chianina. E - non so se lei abbia letto oppure no il mio articolo, ormai vecchio - citavo anche lei ed i suoi studi, cui ero e sono molto affezionato, confortandomi della perdita dell'affinità sardo etrusca con il recupero degli etruschi orientali.

Al momento, il Consenso resta altrove, lontano da queste ipotesi di affinità e di parentele: non è un mio pensiero, né un'ipotesi basata su desiderata o preferenze identitarie: è la teoria del momento. Non è certo per sempre, potrà ancora essere cambiata.
(conseguentemente, la popolazione Chianina di bovini potrebbe semplicemente essere un fatto collaterale ed indipendente da ogni movimento di popolazione umana).

Professore: io capisco bene che le leggi della Genetica siano un po' difficili da digerire per chiunque non le abbia praticate almeno per un po'. E comprendo bene lo sconcerto di chi - dall'esterno, e specialmente da umanista - vede cambiare così tanto le conclusioni scientifiche nell'arco di pochi anni. Tanto da perdere ogni fiducia nella 'scientificità' di certe dottrine, come la Genetica, appunto e trattarle con sufficienza, incredulità o addirittura sarcasmo.

Ma le garantisco che vi è molto di buono e di serio - negli studi genetici - che spesso in altre scienze io non trovo. D'altro canto, capisco per intero i suoi dubbi.

Le faccio qualche esempio e spero che lei mi voglia scusare se appartengono alla sua materia. 
- Mallory, Adams e Bernal (cito solo tre nomi di autori che ho letto, ma so che lei conosce tutti gli altri, a me ignoti) sostengono un Etrusco non Indoeuropeo, a differenza di quello che sostiene lei. Quando lei si indigna, al sentire questo, mi dice che lei ha studiato la lingua Etrusca per molti più anni di chiunque altro e più profondamente di tutti questi signori messi insieme, ovviamente io le credo. Ma io resto  lì così, a crederle per fede e con un dubbio segreto in un angolino della mente.
- Quando i vari linguisti del mondo credono d'individuare la culla delle lingue Indoeuropee in 21 posti differenti (almeno questi sono quelli che sono riuscito a contare, un giorno, per curiosità mia), anche a me viene voglia di proporre agli studiosi delle lingue: "Mettetevi d'accordo e poi offrite - a me che non capisco la materia - una sola sede concordata".
- Ricordo che io stesso restai un po' perplesso quando lei mutò - nel corso del tempo - la sua interpretazione sull'origine del vocabolo 'nuraghe': ma non per questo ho smesso di leggerla e di seguirla.

Intendo con quanto sopra esemplificarle che la difficoltà di comprendere una materia con la quale non si ha confidenza (e lo scetticismo verso di essa che ne deriva, conseguentemente) è presente in tutti noi.

La ricerca Genetica è fondata e può dare risultati splendidi. Si può eseguire sia sul DNA antico (che è comprensibilmente molto scarso, frammentato e  danneggiato quando lo si trova, non rappresentativo di un'intera popolazione e talvolta può essere 'inquinato' da DNA moderno di chi ha manipolato a mani nude i reperti: un inconveniente in cui incorse anche il grande Svante Paabo). Oppure si può lavorare su DNA moderno (e qui si compie un lavoro a ritroso, calcolando la frequenza - nota - delle mutazioni secondo il principio di quello che chiamiamo 'orologio molecolare' ed ottenendone dati spazio-temporali utilissimi per stabilire la rapidità e la direzione delle migrazioni delle popolazioni). 
Alcune delle leggi della Genetica sono altrettanto obbligate come la nascita, la crescita la riproduzione e la morte di ogni essere vivente. Infatti, anch'esse sono appunto leggi biologiche: sono complesse e talvolta possono apparire misteriose, ma una volta comprese appaiono chiare ed altrettanto ineluttabili, come tutte le altre. E' proprio da considerazioni biologiche che sono giunto alla conclusione che la popolazione umana - in Sardegna - non è mai stata molto numerosa. Lo ho affermato, immodestamente,  in un periodo in cui si riteneva che i Protosardi fossero milioni (e lo si faceva partendo da un concettualmente errato conto a ritroso dal numero dei nuraghi e da un errato concetto del tempo necessario per edificarne uno).
Lei ha ragione, quando indica alcuni 'nodi' di difficoltà nel risalire temporo spazialmente lungo determinate direzioni, ma la ricerca Genetica non è puntiforme e non descrive in dettaglio ciascuno spostamento. Brevemente, potremmo dire che siede allo stesso tavolo della Storia e della Linguistica, ma adotta posate differenti.
Ma ci tengo a dire che gli 'interpreti' dei risultati genetici non devono essere non addetti ai lavori e - soprattutto - mossi da particolari ideologie: altrimenti si arriva alla comicità più disastrosa, quale fu l'interpretazione (inutile che le dica da parte di chi!) dell'uomo di Similaun come un Sardo conquistatore delle Alpi Venoste.

(8) Critiche mosse al suo saggio. Non credo siano meritevoli d'essere prese in alcuna considerazione, perché sono quelle presenti su fonti che non meritano alcuna citazione. Non conosco l'esistenza di serie critiche scientifiche, né credo sinceramente possano esservene.

(5) Negazione dell'esistenza di una flotta  nuragica. Io non nego affatto l'esistenza di tale flotta: ma confesso onestamente di non credere in tale eventualità.
Mi rendo ben conto che l'assenza di prova non costituisce affatto la prova dell'assenza (e lo riferisco, nel blog) . Esistono solamente prove indirette. 
In questa situazione non si può formulare affatto una teoria, bensì solamente ipotesi. Siamo, cioé, pienamente nel campo dell'opinabile circa qualche cosa che è sconosciuto. Io non ho nulla in contrario verso la sua ipotesi di viaggi, anche abituali, dei Sardi su un naviglio proprio. 
Ma ho molti argomenti contro l'amplificazione delle sue terorie che i Fantarcheologi sviluppano fino ad ipotizzare una talassocrazia sarda nel mediterraneo, l'Atlantide sarda, la colonizzazione miltare sarda del mediterraneo ed altro ancora.
Accetto, quindi la possibilità della sua ipotesi (che conosco ed ho sempre molto apprezzato) ben sapendo al contempo che essa è solamente un'ipotesi (degna di seria considerazione, certamente), ma non concedo alcunché alla speculazione selvaggia degli altri.

(4) Bronzetti sardi. Quello che riferisco circa i bronzetti sardi non è certamente farina del mio sacco, bensì l'opinione informata dei miei amici archeologi di professione. A me personalmente piace molto la distinzione cronologica e culturale tra Costruttori e loro Discendenti.
Ma è solamente un distinguo che considero necessario per non confondere i non addetti ai lavori definendo 'Nuragico' qualsiasi elemento sardo, senza curarsi del passaggio del tempo.
Trovo interessante la sua teoria - che non conoscevo - circa l'epoca e le modalità dell'interruzione dell'edificazione dei nuraghi (anche se  ero bene al corrente del fenomeno di sincretismo di cui lei ha fatto numerosissimi e convincenti esempi). 
Personalmente, però, non sono in grado neppure d'ipotizzare con approssimazione alcunché di ciò che accadde, a fare cadere la Grande Civiltà dei Costruttori: eppure credo che si possa ancora scoprire molto al riguardo e che sia una fase affascinante, seppure probabilmente turbolenta e sofferta, della storia dei Sardi.

(3) Obbligo di dimostrazione della sostanza di Fenici e Cartaginesi. Non capisco bene perché abbia specificato questo punto: di fatto che i Fenici esistessero è provato anche dalla Genetica, proprio secondo quanto tramandato dalla Storia e - a quel che so - dalla Linguistica. Le riferisco brevemente ed indegnamente:
In effetti, è interessante notare che ci sono varie fonti egizie che ci parlano di "Fenici", stanziati tra Libano e Siria molto prima del bronzo finale/inizio età del ferro.La prima fonte, e anche la più precisa, è il cosiddetto "Romanzo di Sinuhe",  testo letterario che racconta la storia un Egizio che si trova costretto a fuggire dalla Valle e finisce col vivere tra le popolazioni della costa Siro-Palestinese.
La vicenda si svolge subito dopo la morte del Faraone Amenemhat I, fondatore della XII dinastia e quindi databile al XX secolo a.C., tuttavia i manoscritti più antichi pervenutici risalgono al regno di Amenemhat III, circa attorno al 1800 a.C. Quindi possiamo considerare che le informazioni contenute in Sinuhe risalgono certamente almeno al 1800 a.C. forse addirittura al 2.000 a.C.;  L'identificazione infatti non è supportata solo dalla corrispondenza fonetica (F-n-kh-w = F-n-k), ma è anche e soprattutto confermata dalla localizzazione geografica: Fenkhu si trova vicino a Retenu (Siria) e Kesh : I monti della Cappadocia e del sud est dell'Anatolia o forse l'Armenia?
Alcuni contratti con l'antichissima città di Byblo per l'importazione di legno di cedro portano lo stesso nome esoetnico (esoetnico perché Egizio. Ma gli Egizi ed i Fenici parlavano ambedue lingue Semitiche: pertanto i rispettivi vocaboli dovevano essere almeno simili quanto lo sono tra loro oggi  'Espanol' e 'Spagnolo' ). 
Il vocabolo 'Fenicio' sarebbe quindi Semitico (corrispondenza fonetica abbastanza buona con 'Phoinikes' di derivazione non I.E.) e sarebbe andato a significare una differente sfumatura di Rosso da quella per cui il Greco possedeva già il vocabolo Indoeuropeo 'Erythros'.
Ma nessuno le ne ha fatto obbligo di dimostrazioni, credo. E comunque credo esista un sostanziale accordo multidisciplinare al riguardo.

(2) Usanza o abitudine di riferirsi a tutti i Sardi come 'Nuragici'. Non ho mai avuto alcuna intenzione di farne una colpa a lei o di pensare che lei non facesse tale distinzione.

(1) Opere non lette. Professore: le farò avere il mio libretto se solo mi vorrà far sapere a quale indirizzo io possa spedirlo. Per il momento le accludo il testo a questa lettera: anche se non è la stessa cosa, sperò troverà il modo di dargli uno sguardo.
 In esso troverà (è evidente ed inevitabile) altri ulteriori motivi di critica verso il mio lavoro (spero non troppi). Mi viene subito in mente l'esempio della città di Sardi, che le mie personali ricerche bibliografiche rimandano più ad accomunare con Sparta piuttosto che con la Sardegna e con i Sardi...
Per quanto riguarda il suo libro: è vero, non lo ho trovato e non lo ho ancora letto. Ho solo poche e consunte scuse.
Vado in Sardegna solo sporadicamente, ferie permettendo. E ormai da molti anni quando sono sull'isola il tempo non mi basta più per fare solamente un decimo di quello che avevo in animo di fare.

In realtà, poi, questo è ormai vero anche qui a casa mia: avrei bisogno di molto più tempo.
Ci sono sempre cose più urgenti, di cui occuparsi subito e frettolosamente.

Spero che apprezzerà questa mia risposta. 

Penso che potrei metterne almeno una parte sul Blog, come credo sia dovuto, visto l'equivoco che ho involontariamente creato.
Ora la lascio, sperando di non averla annoiata eccessivamente, ma solo in misura tollerabile.
Tanti cari saluti, professore: alla prossima!